"Non votate Tory, né Labour: non votate per il genocidio", si legge su una delle affissioni ricorrenti. Segnale di un malumore che non è in grado certo d'incidere significativamente sulle previsioni del risultato del voto, ma che pare coinvolgere non pochi dei circa 4 milioni di sudditi musulmani di Sua Maestà: comunità destinata a raddoppiare di numero nei prossimi anni, stando alle indicazioni statistiche di tendenza, e in seno alla quale si è sviluppata negli ultimi mesi una protesta diffusa - condivisa da pacifisti e da molte persone di ogni origine nel Regno - nei confronti sia dei conservatori del premier uscente Rishi Sunak, sia della leadership laburista moderata di Keir Starmer, oltre che dell'establishment in genere. Accusati in blocco di non aver reagito al pesante bilancio di vittime civili provocato dalla rappresaglia militare condotta da Israele nella Striscia di Gaza dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre.
Il tutto sullo sfondo di seggi elettorali dove comunque l'affluenza appare discreta, a fine mattinata. All'interno di collegi e territori che sono da tempo roccaforti del Labour e animati da sentimenti prevalentemente anti-Tory. E dove il cronista, se da un lato coglie un entusiasmo assai relativo per l'attesa vittoria di Starmer, premier in pectore dopo 14 anni di governi di destra, dall'altro stenta a trovare anche una sola voce di elettore o elettrice disposta a dichiarare di votare per i candidati (da queste parti sacrificali) del partito di Sunak.
(ANSAmed).
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