(di Massimo Lomonaco)
(ANSAmed) - TEL AVIV, 14 GIU - Dopo il picco del 2015 con 353
persone, l'emigrazione ebraica italiana in Israele è in forte
calo: nel 2017 si è fermata a 115 persone e i primi mesi del
2018 indicano lo stesso andamento. Lo ha rivelato il demografo
italo-israeliano Sergio Della Pergola in base ai dati
dell'Ufficio centrale di statistica.
Nel 2015, i nuovi emigrati dall'Italia in Israele ('olim
hadashim') raggiunsero appunto il record di 353: numero
addirittura superiore ai 330 del 1970 considerato fino ad allora
un exploit e inferiore solo a quello di oltre 500 del 1948/1949
in cui valse tuttavia l'effetto Shoah e la nascita dello stato
di Israele. Dal 2016 il flusso si è invertito: gli emigrati in
quell'anno sono stati 159, largamente inferiori a quelli
dell'anno precedente, per scendere ancora nel 2017.
"Il picco del 2015 - ha spiegato Della Pergola - è stato
alimentato da alcuni fattori. Il primo riguarda l'allora forte
crisi economica in Italia e a Roma da dove proveniva il maggior
numero di emigrati. Molti di questi in crescente affanno per
alcuni interventi del comune capitolino sui venditori ambulanti,
tradizionale nicchia di lavoro ebraico. Il secondo fattore che
ha contribuito all'ondata migratoria sono stati anche
determinati da aggiustamenti fiscali da parte israeliana che
hanno imposto la scelta tra le due cittadinanze". "Non va anche
dimenticato in sottofondo - ha proseguito Della Pergola - il
disagio ebraico a fronte di un diffuso pregiudizio anti
israeliano nei media, soprattutto sul web e in certe sedi
universitarie. Così come va ricordato un distacco ebraico dal
mondo politico per alcuni interventi da parte dei 5Stelle e
della Lega".
Se questa è la cornice che ha sospinto l''Aliya'
(emigrazione), la flessione attuale, a giudizio del demografo, è
invece giustificata da una minore incidenza della crisi
economica. "Queste ondulazioni - ha sottolineato Della Pergola -
riflettono la situazione economica italiana, oggi meno acuta".
Resta invece come motivazione il disagio ebraico verso il
persistere di fenomeni "pregiudizievoli anti Israele e di
antisemitismo", dei cui contorni darà conto - ha annunciato - il
Rapporto Ue (Italia compresa) che sarà presentato a fine anno a
Vienna.
Il calo dell'emigrazione ebraica in Israele - a parte i Paesi
dell'ex Urss - non riguarda però solo l'Italia. Ma, ad esempio,
anche la Francia: dopo il picco storico del 2015 con 6600
persone, nel 2017 c'è stato un calo di oltre la metà con 3160
unità arrivate. Tra le possibili cause, Della Pergola ha
sottolineato "il dato omogeneo" che sembra caratterizzare
"l'attuale difficoltà di integrazione in Israele": "la struttura
economica del Paese profondamente diversa da quella della
Diaspora". "Se lì il 25/30% della forza lavoro ebraica è nel
commercio, in Israele il commercio è meno del 10% dell'economia,
invece puntata sull'hi-tech e alti titoli di studio. Le persone
dovrebbero essere rese più consapevoli della difficoltà
dell'emigrazione.
E Israele non fa abbastanza con il suo ministero
dell'assorbimento". In questi giorni alcuni dati attribuiti al
Ministero della sanità fanno discutere i gruppi di emigrati: dei
circa 500 suicidi che avvengono in un anno - nonostante il tasso
in Israele sia tra i più bassi del mondo - un terzo riguarda
proprio gli 'olim hadashim' che arrivano da tutto il mondo.
(ANSAmed).
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