(di Elisa Buson) (ANSA) - MILANO, 14 LUG - La mossa
annunciata dall'Australia, intenzionata a produrre milioni di
dosi del suo vaccino anti-Covid prima della conclusione dei test
sull'uomo, è solo l'ultimo sprint dell'agguerrita maratona
mondiale che vede in corsa ben 160 candidati vaccini contro il
virus SarsCov2: di questi 23 sono già in sperimentazione
sull'uomo, secondo l'ultimo aggiornamento dell'Organizzazione
mondiale della sanità (Oms). Ne esistono di tutti i tipi: a
Rna, Dna, con vettori virali, oppure virus inattivati, vivi ma
attenuati, o semplici subunità proteiche del virus. "E' irreale
pensare di avere un vaccino già a settembre: è più probabile che
arrivi tra la prima o la seconda metà del 2021", afferma
Gianluca Sbardella, professore di chimica farmaceutica
all'Università di Salerno, durante il convegno 'Aspettando il
vaccino', promosso online dalla Commissione Ricerca
dell'Accademia Nazionale dei Lincei e dalla Divisione di Chimica
Farmaceutica della Società Chimica Italiana. "Se tutti si
vaccinassero con un prodotto davvero efficace, potremmo far
sparire Covid-19, ma non è detto che questo prodotto si ottenga,
tanto meno in tempi così brevi. Per questo - sottolinea
Sbardella - bisogna valutare strade alternative". L'attenzione
in questi mesi si è focalizzata sugli anticorpi monoclonali e lo
sviluppo di farmaci specifici per il nuovo coronavirus, grazie
all'intelligenza artificiale e ai potenti calcolatori che stanno
facilitando lo screening virtuale dei composti. La strada più
rapida, però, resta quella del riposizionamento di farmaci già
esistenti, come remdesivir. "L'azienda produttrice ha annunciato
una riduzione del 62% del rischio di mortalità", spiega Maria
Gabriella Santoro, virologa dell'Università di Roma Tor Vergata.
"Non dobbiamo però dimenticare che la produzione è costosa e
richiede tempo, e che il farmaco, oltre a dare effetti
collaterali, può anche indurre resistenza. Per questo - aggiunge
l'esperta - penso che la strategia vincente sia quella di usarlo
in combinazione con altri farmaci, all'interno di cocktail come
facciamo già per il virus Hiv". Un parallelismo che ritorna
spesso, perché la corsa agli armamenti contro Covid-19 "ricorda
proprio quella che c'è stata contro l'Aids, anche se con una
velocità ancora più accelerata da Internet", commenta Cristina
Mussini, professore di malattie infettive all'Università di
Modena e Reggio Emilia. In questi mesi si è assistito a una
"crescita esplosiva di articoli scientifici, oltre cento al
giorno, di cui solo un quarto conteneva dati sperimentali
pubblicati per lo più senza revisione", ricorda Enrico Bucci
della Temple University. "Soprattutto nei primi mesi si è
pubblicata molta spazzatura - rileva Giuseppe Ippolito,
direttore scientifico dell'Istituto Spallanzani - e siamo stati
proni ad adottare decisioni anche quando non c'erano evidenze
disponibili".(ANSA).