Meno del 10% del combustibile irraggiato delle quattro centrali nucleari nazionali dismesse, quindi ad alta attività, si trova in Italia ed è pari a 16 tonnellate mentre oltre il 90% del combustibile esaurito è stato inviato e riprocessato all'estero, in particolare in Gran Bretagna e in Francia. La situazione sui rifiuti radioattivi in Italia è contenuta nel nuovo "Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi" disponibile online, sul sito dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin).
L'edizione 2019 è la prima edita dall'Isin, che è operativo dall'agosto 2018, e contiene i dati aggiornati al 31 dicembre 2017 su volumi, masse, stato fisico, attività specifica, contenuto radioattività e condizioni di stoccaggio dei rifiuti, compresi il combustibile esaurito e le sorgenti dismesse. Il combustibile irraggiato è quel rifiuto che, rimosso dal nocciolo di un reattore, può essere considerato una risorsa riutilizzabile o può essere destinato allo smaltimento, se considerato radioattivo.
E' il Piemonte la regione in cui è presente la maggior parte del combustibile irraggiato (31.137 Tbq cioè Terabequerel - 1012 Bequerel); ci sono poi Lombardia (4.278), Basilicata (1.562) e Lazio (42). Non è presente, invece, in Emilia Romagna, Campania e Puglia.
Su un totale di 30.497,3 metri cubi è il Lazio la regione con la maggiore "quantità" di rifiuti radioattivi (9.241 m3) pari al 30,30% del totale; seguono Lombardia (5.875 m3 pari al 19,26%), Piemonte (5.101 m3 pari al 16,73%), Emilia Romagna (3.211 m3 pari al 10,53%), Basilicata (3.150 m3 pari al 10,33%) e Campania (2.913 m3, pari al 9,55%). Fanalino di coda la Puglia, con 1.007 m3 di rifiuti radioattivi stoccati sul proprio territorio (pari al 3,3%).
L'Inventario presenta alcune variazioni rispetto all'edizione aggiornata al dicembre 2016, edita dall'Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale (Ispra) ma l'Isin spiega che non appaiono di particolare rilievo.
Le 16 tonnellate di combustibile esaurito non inviato all'estero si trovano in particolare negli impianti Avogadro a Saluggia (Vercelli), Itrec di Rotondella (Matera), Opec-1 e Triga Rc1 di Casaccia (Roma), Ccr di Ispra (Varese), Lena (Pavia). Fra le sostanze indicate nell'Inventario ci sono "le sorgenti sigillate dismesse che, benché non più utilizzate, rappresentano ancora un potenziale radiologico, anche se con intensità molto minori rispetto a quelle del combustibile irraggiato. Infatti - spiega l'Isin - tali attività vengono misurate i gigabequerel (GBq - 109 Bequerel) cioè un millesimo dei terabequerel con cui si misura il combustibile irraggiato. Con 891.867 GBq di attività, le sorgenti dismesse presenti nel Lazio sono caratterizzate dalla più consistente attività; seguono la Lombardia (3.496 GBq), il Piemonte (2.291) e l'Emilia Romagna (95). Le sorgenti dismesse non sono invece stoccate in Campania, Basilicata e Puglia. Infine sono inseriti nell'inventario anche i "materiali e rifiuti radioattivi derivanti da attività di bonifica". Si tratta nella maggior parte dei casi di polveri e scorie di fusione a bassa attività radiologica che sono custodite in 15 siti, 13 in Lombardia e 2 nel Veneto.