L'idroelettrico costa, e a pagarne il prezzo sono la biodiversità e la pesca. A far luce sui benefici economici, spesso sovrastimati, e sugli impatti ambientali negativi, al contrario sottostimati, è uno studio pubblicato sulla rivista Science, che indaga sulle conseguenze delle numerose dighe in procinto di essere costruite ai tropici.
“I progetti in fase di attuazione rispondono a richieste energetiche importanti - osservano i ricercatori - ma i costi reali delle dighe non vengono presi in considerazione, soprattutto in aree ecologicamente ricche come quelle tropicali”. I bacini del Rio delle Amazzoni, del Congo e del Mekong hanno finora conosciuto uno sviluppo minore dell'idroelettrico, ma per questi tre fiumi sono in programma oltre 450 nuove dighe. Il problema, spiegano gli esperti, è che la scelta delle aree in cui collocare le dighe è fondamentale per la tutela della biodiversità, ma in alcuni Paesi in via di sviluppo mancano i protocolli di guida per la costruzione, mentre molte nazioni non regolamentano l'impianto delle dighe più piccole. In Brasile, ad esempio, la diga di Belo Monte potrebbe far registrare un record di perdita della biodiversità, perché è stato selezionato un sito che ospita una eccezionale varietà di specie esclusive di quell'area. In Thailandia, invece, le dighe progettate sul Mekong potrebbero bloccare la migrazione dei pesci, mettendo a rischio la sussistenza di milioni di persone. “Senza una più attenta valutazione e pianificazione – avvertono gli studiosi - la costruzione di dighe nei fiumi tropicali del mondo sarà accompagnata da impatti negativi ecologici, sociali e anche economici''.