(ANSA) - FIRENZE, 12 GIU - Vanno tutti a processo gli
imputati dell'inchiesta 'Vello d'oro' della Dda di Firenze che
ruota intorno a un sistema di frodi carosello e riciclaggio che
il clan calabrese Scimone avrebbe attuato in Toscana, in
particolare tra le aziende del distretto del Cuoio, a Santa
Croce sull'Arno (Pisa). L'inchiesta nel febbraio 2018 portò ad
arresti e perquisizioni. Ora, per il cosiddetto 'sistema
Scimone' il gup Antonella Zatini ha rinviato a giudizio 13
indagati tra cui Antonio Scimone, il suo uomo di fiducia a
Firenze Cosma Damiano Stellitano, Giuseppe Nirta (nipote
dell'omonimo capo della 'ndrina La Maggiore di San Luca) e
Antonio Barbaro, questi ultimi due operativi in Calabria. Alla
sbarra anche Andrea Iavazzo, Maurizio Sabatini, Lina Filomena
Lovisi, Giovanni Lovisi, Mario Lovisi, Francesco Lovisi, Nadia
Carresi, Marco Lami e Alessandro Bertelli.
Il processo comincerà l'8 ottobre 2019 e tratterà più fatti e
accuse - a vario titolo - di associazione a delinquere,
riciclaggio e autoriciclaggio, usura, estorsione, esercizio
abusivo del credito, frode fiscale, fatture false. Il giudice
Zatini ha escluso l'aggravante dell'art.7 'di mafiosità' per
alcuni episodi in cui sono accusati imprenditori mentre la
medesima circostanza permane per gli altri imputati.
Sempre lo stesso giudice ha emesso una prima condanna, con
rito abbreviato, per un 14/o imputato, Filippo Bertelli -
condannato a una pena di 2 anni, sospesa. Prosciolti, per una
delle accuse, gli imputati Giovanni Lovisi, Lina Filomena
Lovisi, Alessandro Bertelli, Maurizio Sabatini e Marco Lami -
perché il fatto non costituisce reato - laddove sono colpiti
dall'imputazione di essersi associati con Scimone, Nirta,
Stellitano e Iavazzo per commettere un numero indeterminato di
delitti di riciclaggio attraverso l'emissione di fatture per
operazioni inesistenti con aziende nel settore conciario.
Imprese che pure erano economicamente sane ma - ricostruiva
l'inchiesta - avrebbero trovato vantaggio nel farsi prestare
denaro, proveniente da 'cartiere' che di fatto venivano gestite
dalla 'ndrangheta. L'inchiesta della Dda fece emergere che le
somme circolate in 'Vello d'oro' provenivano sia dalla Calabria
sia da conti basati in banche di Slovenia e Croazia. Una volta
ripulito in Toscana il denaro avrebbe preso la via di società
del Regno Unito, così sottratto al fisco italiano.(ANSA).
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