Le conclusioni dell'avvocato si riflettono generalmente nelle successive sentenze della Corte.
Il tetto ai bonus rientra tra le misure prese dopo la crisi finanziaria perché, scrive l'avvocato, "si è ritenuto che uno dei principali fattori scatenanti fosse stata la struttura dei sistemi retributivi vigenti in tali enti". Il pagamento di "bonus ragguardevoli rispetto agli stipendi ha incentivato i dipendenti ad assumere rischi eccessivi per poter partecipare ai profitti a breve termine delle banche, ma non ai costi dei loro fallimenti che, nei casi più gravi, sono stati sopportati dai contribuenti".
Il tetto prevede che i dipendenti non possano ricevere bonus superiori al 100% del loro stipendio di base, o al 200% se lo Stato membro decide di conferire tale potere agli azionisti, ai titolari o ai membri di tali enti creditizi. Il Regno Unito ha chiesto alla Corte di annullare tali norme, perché "rientrano nella politica sociale e quindi sono competenza degli Stati.
Nelle sue conclusioni l'avvocato generale spiega che "fissare il rapporto tra la remunerazione variabile e lo stipendio di base non equivale a imporre un 'tetto massimo' o a fissare il livello di retribuzione, poiché non è fissato alcun limite allo stipendio di base, al quale i bonus sono indicizzati. Non esistendo alcun limite di legge allo stipendio di base che può essere pagato, non esiste di conseguenza neanche un limite al livello complessivo della retribuzione. L'avvocato suggerisce quindi alla Corte di respingere il ricorso presentato dal Regno Unito.
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