La direttiva Ue sullo smog va
rivista perché è ormai datata e consente troppi margini di
manovra agli stati membri, incluso il posizionamento e il
funzionamento delle centraline che devono misurare
l'inquinamento. Sono le conclusioni a cui è giunta la Corte dei
Conti Ue, che in un rapporto pubblicato oggi chiede alla
Commissione europea di aggiornare le norme. Per esempio, la
stessa centralina di monitoraggio per lo smog del quartiere
europeo a Bruxelles aveva fatto registrare livelli di biossido
di azoto (NO2) molto sopra i limiti Ue nel 2008. Questa fu
quindi chiusa per lavori dall'anno successivo sino al 2016 ma,
anche dopo la fine di questi, non è mai più stata rimessa in
funzione.
Secondo le conclusioni della Corte, quindi, la Commissione Ue
dovrebbe proporre un aggiornamento della direttiva, basata su
standard di 20 anni fa, introducendo criteri più stringenti sia
sugli inquinanti sia sulla valutazione dei piani nazionali. E,
in particolare, riducendo la discrezionalità dei Paesi sul
collocamento delle centraline di monitoraggio.
Con il deferimento alla Corte di giustizia Ue di diversi
Paesi tra cui l'Italia per violazione della normativa sul Pm10,
"la Commissione ha dato segnali soddisfacenti di una maggiore
attenzione al problema", ha riconosciuto Janusz Wojciechowski,
membro della Corte dei Conti responsabile della relazione. Il
documento conferma infatti che l'inquinamento dell'aria è una
vera emergenza per tutta l'Ue, in particolare in alcuni Paesi
dell'Europa centrale e orientale. In questo contesto, prosegue
la relazione dei revisori dei conti, le politiche europee per
ridurre lo smog dovrebbero diventare "una priorità" a lungo
termine dell'Unione, anche con l'uso dei fondi di coesione. Una
nuova normativa è comunque necessaria, conclude la Corte, per
allineare gli standard europei a quelli più rigorosi e recenti
dell'Oms, e intensificare l'azione affinché gli stati rispettino
i limiti degli inquinanti.
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