Tutti i ricorsi e relative impugnazioni, vennero respinti dal Tribunale Ue nel 2009. Nel recupero divenuto forzoso lo stato ha deciso di applicare il Regolamento Ue 794/2004 che, entrato in vigore nel 2004, prevede appunto il pagamento di interessi composti sulle somme da recuperare. Trattandosi di un regolamento entrato in vigore dopo la decisione del 2002 della Commissione, A2A ha fatto ricorso alla giustizia italiana contestando la base di calcolo degli interessi. La Corte di Giustizia europea è stata quindi adita dalla Corte di Cassazione per una interpretazione pregiudiziale. I giudici di Lussemburgo hanno rilevato che nel 2002 "spettava unicamente all'ordinamento italiano" decidere se il tasso di interesse dovesse essere semplice e composto. La Corte però ha "verificato" che lo stato ha emesso le cartelle esattoriali per il recupero degli aiuti dopo l'entrata in vigore del regolamento 794/2004. Così hanno stabilito che "dal momento che l'aiuto di stato non era stato recuperato e non aveva nemmeno costituito oggetto di cartella esattoriale alla data di entrata in vigore della legislazione italiana, non si può ritenere che quest'ultima incida su una situazione definitasi precedentemente". Per di più "tenendo conto del rilevante lasso di tempo trascorso tra l'adozione della decisione di recupero nel 2002 e l'ordine di recupero emesso dalle autorità italiane nel 2009" la Corte ha "ritenuto che l'applicazione di interessi composti costituisca un mezzo particolarmente adeguato per giungere ad una neutralizzazione del vantaggio concorrenziale conferito illegittimamente" ad A2A con gli aiuti stato.
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