La media Ue degli Npl, i
'non-performing loans', continua nel suo trend di discesa, in
calo di 10 punti base a 5,4% nel terzo trimestre 2016, ma il
livello rimane alto in base agli standard storici e la sua
diminuzione resta diseguale in Europa. In questo contesto, "in
Italia l'aumento degli Npl è il risultato di una crescita
economica fiacca e una debole ripresa post-crisi". E' quanto
emerge dal rapporto annuale Commissione Ue-Bce sull'integrazione
finanziaria europea, secondo cui uno degli effetti collaterali
di "alti Npl" in Italia è che il credito concesso alle società
non finanziarie "ha continuato a restringersi nonostante i bassi
livelli dei tassi di interesse".
Anche la profittabilità delle banche, nonostante qualche
miglioramento, resta bassa a livello europeo. I ritorni sulle
equity delle banche italiane, "nonostante ancora positivi, sono
calati all'1,5%, tra le preoccupazioni sulla qualità degli
asset". Anche i costi sono continuati ad aumentare per le banche
europee nel corso del 2016, al punto che il rapporto
costi/redditi è aumentato in 18 Paesi mentre è calato solo in 8.
E uno degli aumenti maggiori è stato registrato proprio in
Italia, oltre che in Austria e a Cipro.
Quindi, conclude il rapporto Ue-Bce, anche se ci sono segnali
che la correlazione tra debito sovrano e banche si stia
allentando, resta "essenziale il completamento dell'Unione
bancaria" e "andare avanti sia con la riduzione dei rischi che
con la condivisione dei rischi come un modo per rompere
definitivamente i legami tra banche e debito". L'Italia, tra
l'altro, ricorda il rapporto, è stata tra i 5 Paesi Ue (insieme
a Spagna, Portogallo, Cipro, Lettonia e Slovenia) che tra il
2008 e il 2014 ha registrato l'aumento più elevato di debito
pubblico detenuto dalle banche nazionali.
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