di Redazione ANSA
Agli enti locali affidatoi il 36% delle risorse

Gli enti locali alla prova del Pnrr

BRUXELLES - Dopo l’incontro tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che si è svolto all’inizio dell'anno a Roma, il governo italiano ha accelerato sul dossier del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Con le prime scadenze, previste a marzo, l’imperativo è evitare di accumulare ritardi.

Anche la Corte dei Conti ha sottolineato "il rischio che il ritardo accumulatosi pregiudichi l'obiettivo intermedio europeo di aggiudicazione dei lavori, da raggiungersi entro il secondo trimestre 2023”.

La sfida dei prossimi anni per un efficace utilizzo di queste risorse però non è solo per il Governo centrale, ma anche e soprattutto per le amministrazioni locali. Una prova “quanto mai impegnativa”, affermano i ricercatori della Scuola di Sant’Anna di Pisa in un rapporto incentrato proprio sull’attuazione del Pnrr e il ruolo degli enti locali italiani.

Agli enti locali, tra cui Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, è affidato infatti il 36% delle risorse del Pnrr, un ammontare totale di 66,4 miliardi di euro, di cui 28,7 miliardi sono stati affidati in particolare ai comuni.

Le amministrazioni e gli enti locali si troveranno a gestire non solo i finanziamenti nel quadro di NextGeneration EU, ma anche quelli provenienti dai Fondi strutturali e di investimento europei, con un ammontare complessivo di oltre 75 miliardi di euro per il ciclo 2021-2027.

Il coinvolgimento degli enti locali nell’attuazione del PNRR si verifica attraverso forme differenti. Queste, che spaziano da uno schema basato sul coinvolgimento dell’ente locale solo in veste di beneficiario dell'intervento, alla piena titolarità della progettualità a carico dell’amministrazione locale.

Da una rilevazione del Barometro Regionale e Locale dell’Ue citata nello studio, la percezione di scarso coinvolgimento espressa dalle Regioni è diffusa in generale tra gli enti locali italiani: solo l’1% degli intervistati ritiene infatti che la propria amministrazione sia stata coinvolta appieno, e solo il 7% afferma che sia stata in qualche misura coinvolta.

Tuttavia, osservando i dati relativi alle amministrazioni che non si sono sentite coinvolte, quelle italiane hanno percepito una maggiore comunicazione sui piani adottati rispetto alle loro equivalenti europee (79% a fronte del 41% della media UE).

Per quanto riguarda le difficoltà che gli enti locali italiani stanno incontrando nella gestione della fase attuativa del Piano troviamo, in primo luogo, un elevato grado di complessità dei bandi, accompagnato da tempi di presentazione delle domande non sempre agevoli (la media è di circa 43 giorni) e ciò rende difficile per gli enti locali essere in grado di parteciparvi in modo soddisfacente.

A questo scenario, si aggiunge il fatto che la pubblicazione dei bandi è stata caratterizzata da una forte concentrazione in specifici periodi dell’anno, rendendo spesso ancora più arduo per gli enti locali manifestare il proprio interesse e prendere parte a tutte le iniziative. Il risultato è stato che in più di un’occasione si è stati costretti a prorogare la scadenza dei bandi a causa di un insufficiente numero di domande.

Infine, la presenza di problematicità ataviche della pubblica amministrazione italiana aggrava ulteriormente questo quadro già non florido. Ma il buon utilizzo di questi fondi rappresenta soprattutto uno dei principali banchi di prova per il nuovo governo, che non può lasciarsi sfuggire l’occasione – concludono i ricercatori – di rilanciare e modernizzare un’economia fiaccata dalla pandemia e dalla crisi energetica. Inoltre, questo contesto condizionerà gioco-forza anche la percezione dell’Unione europea da parte della cittadinanza.