(di Francesco Rodella)
MADRID - Mettere le politiche di genere al centro "dell'intera azione di governo" nei Paesi europei e del Mediterraneo. Perché diritti e ruolo delle donne nella società non possono essere trattati come "una questione a sé stante", ma come parametro di analisi integrato in svariati ambiti, dall'istruzione e lo sviluppo economico alla conformazione delle leadership pubbliche o private. È questo il principale messaggio espresso in un'intervista all'ANSA da Nasser Kamel, segretario generale dell'Unione per il Mediterraneo (UpM), in occasione della Conferenza 2022 sulle donne per il Mediterraneo, in corso questa settimana a Madrid. Un'idea su cui si sono trovati d'accordo i 42 Stati membri dell'organizzazione, secondo una dichiarazione congiunta rilasciata mercoledì.
Negli ultimi "due anni circa", in coincidenza con l'inizio della pandemia di Covid e del successivo sovrapporsi di altre crisi internazionali, "tutti gli indicatori" sulla parità di genere hanno messo in mostra che, collettivamente, "stiamo facendo passi indietro invece che in avanti", spiega Kamel. Tra gli elementi più influenti in questa tendenza negativa, aggiunge, ci sono aspetti come il fatto che le donne sono maggioranza in molti degli ambienti di lavoro più precari, o, spesso, le vittime più esposte nei conflitti: basti guardare il fenomeno dei rifugiati dopo l'inizio dell'invasione russa in Ucraina, donne in elevatissima percentuale. Tutti motivi validi — argomenta il diplomatico egiziano, al vertice dell'UpM dal 2018 — per sostenere l'esigenza di chiedere di "fare di più" ai governi e non solo. E, a maggior ragione, proprio per compiere quei passi decisivi nell'ottica di "integrare la questione di genere in tutte i campi di azione politica".
Per fare un esempio di chiaro beneficio derivante da questa visione, Kamel entra pienamente in ambito economico. "Il nostro Pil crescerebbe del 57% in più se le donne fossero completamente integrate nel mondo del lavoro", afferma, "immaginiamo quindi la fortuna in termini di attività economica che si genererebbe in queste condizioni". Ma perché tali condizioni si verifichino, è necessario lavorare contemporaneamente su più fronti, per abbattere quelle barriere che impediscono alle donne di diventare "agenti pienamente produttivi": non solo "base legislativa", ma anche promozione di politiche di conciliazione e azione per portare a un "cambio di mentalità" da parte di molti datori di lavoro. Un aspetto, quest'ultimo, da curare specialmente per quanto riguarda il "reinserimento" in ambito lavorativo delle donne quando hanno figli.
Su come affrontare queste "sfide", spiega Kamel, si incentrano i lavori dei partecipanti alla Conferenza 2022 sulle donne in corso a Madrid: l'obiettivo è di "avanzare collettivamente", permettendo agli Stati membri dell'UpM di "armonizzare" la loro visione su questi temi e offrendo ai governi spunti per "soluzioni pratiche", in collaborazione con "ong" e "settore privato". Un modo di agire che deve sì tenere conto delle sostanziali "differenze" tra i vari Paesi nel grado di sviluppo delle rispettive politiche di genere, ma puntando a ridurre ed eliminare i "gap" esistenti. "Cerchiamo di favorire il trasferimento delle migliori pratiche da una regione all'altra", sostiene Kamel, aggiungendo che validi esempi arrivano non solo dall'Europa, ma anche da altre aree, come "Marocco, Egitto o Tunisia". Ecco perché, conclude il segretario generale dell'UpM, l'obiettivo dell'organizzazione che dirige non è mai quello di "dare lezioni" a un governo specifico su come agire o "intromettersi in politiche nazionali", bensí di promuovere il raggiungimento di "standard comuni" all'interno della regione.
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