Vucic, che ha lanciato il suo appello in un articolo apparso in questi giorni sulla stampa, non ha precisato i termini e i possibili 'paletti' di tale dibattito, dando adito con cio' a una serie di reazioni politiche e di critiche, in particolare da parte delle opposizioni nazionaliste. "E' tempo per il nostro Paese di smetterla di nascondere le nostre teste nella sabbia e di cercare di essere realisti", ha detto Vucic secondo il quale "la Serbia di oggi non e' piu' quella di una volta, non e' un Paese debole come nel 1999, nel 2004, nel 2008. Ma la Serbia non e' arrogante come lo e' stata in altre occasioni". Il silenzio sui problemi, a suo avviso, "significa che non ci preoccupiamo di dare risposte" e che "abbiamo cessato di sperare". La Serbia, per Vucic, e' oggi rispettata nel mondo e ha bisogno di un "approccio serio e responsabile, coraggioso e realistico, con uno sguardo al futuro". Immediate le reazioni politiche. Per le opposizioni della destra nazionalista e antieuropeista - come il movimento Dveri e il Partito radicale serbo di Vojislav Seselj - si tratterebbe di una posizione ipocrita e sbagliata, del primo passo verso il si' di Belgrado all'indipendenza. L'idea del presidente - ha detto il leader di Dveri Bosko Obradovic - sarebbe quella di "preparare la societa' al riconoscimento del Kosovo e alla cancellazione del suo riferimento quale parte integrante del territoprio serbo dal preambolo della costituzione, Per Obradovic, "il regime di Vucic e (del ministro degli esteri) Ivica Dacic ha gia' riconosciuto il Kosovo, e ora e' la volta del riconoscimento internazionale".
Critico sulla proposta di Vucic si e' mostrato anche il patriarca ortodosso serbo Irinej. (ANSAmed).
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