Una ricerca che non solo cerca di individuare agenti inquinanti e minacce varie, ma che tende a studiare, attraverso il programma Diversify, quali specie ittiche sviluppare in acquacoltura per soddisfare la richiesta di pesce del mercato euromediterraneo. Ad Anavyssos c'è la base operativa, oltre che di Diversify, dei programmi Perseus - che monitora le acque marine di Mediterraneo e Mar Nero per dare strumenti a chi decide le politiche per il mare - e Poseidon, che tiene d'occhio i dati sullo stato del mare ad ogni livello, dall'ecosistema alle correnti, al meteo.
Un occhio vigile che ha registrato cambiamenti di temperatura che tengono i ricercatori in allerta. "Il mare Egeo ha visto la temperatura crescere di 1,8 gradi negli ultimi 25 anni - dice Evangelos Papathanassiou, direttore della ricerca all'Hcmr - Il Mediterraneo e il Mar Nero, in quanto mari chiusi sono piú sensibili ai segnali di cambio climatico rispetto agli oceani.
In questa area ci sono molti fattori che insieme al cambiamento climatico rappresentano una minaccia, dall'acquacoltura, al turismo, ai trasporti, alla pesca. L'88% delle specie mediterranee sono pescate in misura eccessiva. Abbiamo osservato specie aliene arrivate dal mar Rosso all'Egeo, specie che prima erano solo nel Mediterraneo orientale, che ora sono nel nord dell'Egeo. I rifiuti in mare stanno diventando un problema emergente, quelli scaricati da un paese finiscono in un altro, tanto per spiegare l'interdipendenza. La situazione preoccupa, ma il dato positivo é che la politica, i governi hanno iniziato ad ascoltare la scienza negli ultimi anni, e questo puó avere un impatto positivo sulle scelte che si fanno". All'Hcmr la parola chiave è sostenibilità, e quindi ci si occupa anche di sviluppo che non comprometta la salute di mari e coste. Per Constantinos Mylonas, direttore di Diversify, iniziato nel 2013, la chiave é l'acquacoltura del futuro, che deve promuovere specie finora poco coltivate nel Mediterraneo come l'halibut atlentico o il cefalo e che cerca di coniugare salute, economia e conflitti (per esempio con il turismo, che non gradisce gli allevamenti davanti alle spiagge). "Oggi il 50% del pesce consumato nel mondo viene dall'allevamento - dice - Ma nell'Ue questa percentuale è solo del 10%, mentre il 65% del pesce consumato viene importato. Le specie già allevate potrebbero esse incrementate, ma in molti casi il mercato non le vuole, perchè oggi i consumatori vogliono filetti di pesce e non pesci con troppe spine, ed inoltre ci mettono molto a crescere.
Certe specie ci mettono tre anni per essere pronte per il consumo: non è conveniente, se si pensa alla velocità con cui un pollo arriva al peso utile per la mecellazione e la vendita.
Quindi queste specie 'emergenti' sono ad esempio più grandi, ed hanno più carne da usare. Oltretutto l'acquacoltura garantisce su cosa mangiano i pesci, cosa che non succede con quelli selvatici".
All'Hcmr- che dal 2010, causa crisi riceve solo fondi europei e non più dal governo greco - ci sono laboratori che analizzano le acque, ma anche strumenti come boe che raccolgono dati fuori e dentro l'acqua, o i sensori Argo, che registrano in profondità, "e che hanno rilevato un aumento di 0,2 gradi in cinque anni a mille metri di profondità nell'Egeo, un segnale di possibile impatto del cambiamento climatico", avverte Leonidas Perivoliotis, direttore scientifico del programma Poseidon, che accumula ed alabora i dati. E poi fa bella figura di se' Thetis, il sottomarino usato per scandagliare fino a 600 metri, superato solo dal piccolo robot Super Achille, che arriva fino ai mille.
(ANSAmed).
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