Cominciano ad essere sempre più numerosi - e quasi a cadenza quotidiana - le segnalazioni di giovani imprenditori costretti a chiudere le loro attività perchè la crisi sembra ancora lontanissima dalla soluzione. Ma non è solo questo a determinare le chiusure, quanto il fatto che le banche, che avevano concesso crediti agevolati, davanti alle difficoltà dei giovani imprenditori, anzichè dare loro ancora fiducia (prendendosi quindi un minimo di rischio), stanno sollecitando il rientro dei capitali prestati. Cosa che, davanti al'impossibilità di restituire quanto ricevuto, si traduce nella dichiarazione di fallimento.
E' l'ennesimo paradosso della crisi, perchè i giovani (la maggior parte dei quali con un altro grado di scolarizzazione, come la laurea in facoltà ad indirizzo economico) sono stati indotti a tentare una loro personale avventura anche perchè spinti a ciò dagli strumenti finanziari (come l'Ansej, la Cnac e l'Angem) messe a disposizione dello Stato per l'avvio di micro-imprese. Una finalità lodevole, ma che, quando è stata pensata, non poteva mai supporre che sull'Algeria si potesse abbattere una crisi come quella che da anni l'aggredisce, acuita dal dimezzamento del costo del barile di petrolio.
La banche, che per qualcuno in fondo fanno il loro mestiere, non intendono scommettere ancora sull'imprenditoria giovanile che tarda ad affermarsi e le azioni giudiziarie che hanno avviato stanno creando il panico perchè la prima richiesta di tipo risarcitorio si concretizza nel sequestro della dotazione tecnica delle imprese, cosa che le mette definitivamente in ginocchio impedendo loro di riprendere il cammino. Per avere un quadro dell'ampiezza e della gravità di questo fenomeno, basta solo il dato relativo alle 333 mila micro-imprese avviate, a partire dal 2011, nell'ambito dello strumento finanziario Ansej, che oggi sono tutte in enormi difficoltà o hanno già chiuso i battenti. (ANSAmed).
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