Centinaia di egiziani privi di speranza e disposti ad abbandonare tutto per cercare un futuro migliore fuggendo in Europa. Come Magdi e Said, giovani uomini pronti a lasciare le famiglie e le campagne dove vivono, perché senza prospettive. Un contesto di privazioni e povertà, dove trovare i soldi necessari ad affrontare la traversata in mare rinsalda i legami familiari e di amicizia fra i protagonisti. Ma c'è anche il business dello sfruttamento dell'immigrazione, raccontato nel film attraverso il calvario che questi uomini - privati dei loro documenti, e della loro identità e dignità, da passeur e scafisti privi di scrupoli - devono affrontare con la prospettiva di un viaggio in mare da cui quasi nessuno si salverà. ''Il mio messaggio - ha detto in conferenza stampa il regista - è quello di chiedere al governo egiziano di fare qualcosa per questo Paese. Deve dare opportunità ai giovani''.
Ma, aggiunge, non è un film per dissuadere. ''La gente - replica - partirà con o senza di me e il mio film''. Intanto il suo lavorto, alla sua prima proiezione al Cairo, è stato accolto con calorosi applausi dal pubblico egiziano. Il suo racconto avrà forse il merito di portare per la prima volta sul grande schermo il tema dell'immigrazione clandestina egiziana verso l'Italia - gli viene fatto osservare - ma non giustifica ricostruzioni fantasiose e rappresentazioni offensive e stereotipata dei guardacoste italiani, che ogni giorno mettono in pericolo le proprie vite per trarre in salvo i disperati.
''In tutti i Paesi - replica all'ANSA il regista - esistono polizie corrotte. Nel mio film ho voluto raccontare il traffico illegale dei clandestini e il business che c'è dietro''.
(ANSAmed).
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