(ANSAMed) - Roma, 6 mag - Il mondo dei media arabi e' radicalmente cambiato dal 2011 a oggi. Non esiste piu' un panorama unico, piatto e dominato dalla censura, ma uno scenario diversificato che rispecchia la stessa diversificazione delle storie di transizione dei rispettivi paesi. E' uno dei punti centrali sviluppati nel seminario "I media arabi: stampa, networks e cultura alternativa", organizzato all'Universita' La Sapienza di Roma nel ciclo "Le trasformazioni del mondo arabo, a cura di Laura Guazzone e Renata Pepicelli.
Ospiti dell'incontro sono state Catherine Cornet, giornalista e ricercatrice, e Luce Lacquaniti, arabista e autrice del libro appena pubblicato "I muri di Tunisi. Segni di rivolta" (Exòrma Edizioni).
"Dopo anni di censura politica e/o religiosa sotto i regimi autoritari, la stampa egiziana, tunisina e libica dopo le rivoluzioni hanno visto l'apertura di nuove testate e il nascere di un'incredibile libertà di espressione - ha spiegato Cornet -, ma se le rivoluzioni sono oggi a un punto morto, la stampa rispecchia abbastanza questa situazione di blocco". "In Egitto è tornata a essere imbavagliata ancora più di prima, sotto il regime di Mubarak - ha aggiunto la ricercatrice francese - ed è sempre più complesso trovare informazioni attendibili. La polarizzazione della vita politica egiziana si rispecchia nella stampa: è totalmente dedicata al regime e alla denuncia sistematica dei fratelli musulmani. Anche gli inviati stranieri sono in pericolo come mai in precedenza. Il potere del presidente Al Sissi ha reso molto chiaro che non c'è impunità per i giornalisti, neanche per i corrispondenti stranieri, come hanno dimostrato il lungo processo della squadra di Al Jazeera e l'anno di prigionia del giornalista australiano". In Tunisia dopo 23 anni di totale controllo del regime di Ben Ali si e' passati da una fase di totale anarchia e poca professionalita' da parte dei giornalisti a una fase di ristrutturazione del sistema mediatico, fino all'emergere di un "dibattito pubblico alternativo attraverso l'arte di strada", come ha sottolineato Luce Lacquaniti. "Dopo il 2011 i muri in Tunisia hanno costituito un mezzo d'espressione nuovo - ha spiegato l'arabista - e sono stati sfruttati dai comuni cittadini per esprimere istanze politiche e per dialogare gli uni con gli altri. Le scritte sui muri non sono rimaste singole voci isolate, ma hanno costruito un vero e proprio dibattito collettivo, sia provocando reazioni nei passanti che, sentendosi coinvolti, hanno scritto a loro volta, sia interloquendo con i palazzi stessi del potere". Lacquaniti ha raccontato che "per ogni bomboletta che tracciava entusiasta "Viva la Tunisia libera e democratica", ce n'era una che rispondeva "I rivoluzionari dicono: non potete prenderci in giro", e lo slogan "Il popolo vuole..." veniva completato di volta in volta con ogni cosa e il suo contrario". E' capitato anche di trovare murales che omaggiavano poeti arabi sfigurati da gruppi salafiti che li giudicavano blasfemi. "E nel mezzo dello scontro tra laici e islamisti - ha concluso l'arabista - si collocavano le rivendicazioni di altri writer ancora, che ricordavano: "Né laico né islamista. La nostra è la rivoluzione dei poveri". Il periodo di "transizione" della Tunisia dalla rivoluzione alle elezioni del 2014, dunque, così come appare dalle strade della capitale, è costellato di dubbi e contraddizioni, ma testimonia anche una grande vivacità culturale e la precisa volontà di riappropriarsi dello spazio pubblico dal basso". (ANSAmed).
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