Erano le 13 di domenica quando due poliziotti di pattuglia alla stazione hanno arrestato il giovane che da solo, sceso dal treno, cercava un taxi. Originario di Beni Mellal, cittadina del centro del Marocco, ai piedi del Medio Atlante, l'uomo è stato fermato dai poliziotti che gli hanno chiesto i documenti e lo hanno perquisito. E quando dal suo bagaglio è spuntata la Bibbia, è scattato l'arresto. Interrogato per 11 ore, secondo l'attivista dei diritti umani, "gli hanno fatto domande sulla sua religione, sul suo credo, sulla sua vita in Marocco". Un atto che Jebbour definisce "arbitrario e illegale". "L'hanno rilasciato solo quando il giorno seguente, noi di AMDH che avevamo avuto notizia dell'accaduto, ci siamo presentati in commissariato per avere sue notizie". Sono quasi 5 mila i cristiani in Marocco e possono rischiare l'accusa di proselitismo. L'artico 220 del codice penale marocchino prevede l'arresto da tre a sei mesi per chi tenta di convertire un musulmano. "Ma non è questo il caso - tuona Mustapha Jebbour - Qui siamo di fronte a un cittadino colpito nella sua libertà di culto e di fede. È un attacco alla sua vita privata". Al momento, la vicenda non ha un seguito giudiziario. (ANSAmed).
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