(ANSAmed) - ROMA - L'emergenza sbarchi ora è in Spagna, aveva
certificato nei giorni scorsi l'Onu. I dati, in effetti,
confermano il drastico calo degli arrivi dei barconi dalla Libia
verso l'Italia, oltre l'80% in meno in un anno. Così i
trafficanti di esseri umani, scoraggiati dalla maggiore presenza
delle pattuglie di Tripoli, hanno cambiato rotta puntando verso
il Mediterraneo occidentale. E cambiano anche le modalità di
trasporto: alle fragili carrette del mare si affiancano sempre
di più robuste barche a vela, per chi può permetterselo.
Dall'inizio dell'anno sono oltre 58mila i migranti arrivati
in Europa via mare e la prima destinazione è stata la Spagna,
con oltre 23.500 arrivi: un dato superiore al totale registrato
per l'insieme dell'anno scorso, rilevano i dati dell'Oim. Il
trend, ormai consolidato, evidenzia che l'Italia non è più il
principale paese di sbarco, anzi ha registrato un crollo degli
arrivi rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso: poco meno
di 19mila rispetto agli oltre 95mila, seguiti dai 16mila
arrivati in Grecia, e poche centinaia a Malta e Cipro. Anche se
il Mediterraneo centrale resta il tratto più pericoloso: oltre
1.100 i morti quest'anno rispetto al totale di 1.500.
Non si mettono in viaggio soltanto i cosiddetti migranti
economici, ma diverse migliaia hanno sulla carta la possibilità
di ottenere il diritto d'asilo. L'Unhcr, ad esempio, ha stimato
che il 13,5% degli arrivi in Europa è rappresentato da siriani.
Nei porti italiani, tra le nazionalità dichiarate all'arrivo, ci
sono anche quella eritrea, sudanese, irachena.
I trafficanti studiano anche modalità alternative per le
traversate in mare. Con la rotta libica pattugliata dalla
Guardia Costiera di Tripoli e la riduzione delle navi delle ong,
si preferisce puntare su barconi di legno piuttosto che sui
gommoni, per coprire tratti più lunghi. Oppure imbarcazioni con
pochi migranti a bordo (10-20 persone), nella speranza di
sfuggire ai controlli. Inoltre, lungo la rotta orientale, quella
che parte dalla Turchia, spuntano persino barche a vela, sempre
più utilizzate da scafisti ucraini e russi. Con costi molto più
alti, per i migranti che possono permetterselo.
(ANSAmed).
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