L'Italia produce 3,4 milioni di tonnellate di pasta, che vale, con la sua gamma di oltre 400 formati, 4 miliardi e 600 milioni di euro. Tra fusilli, pennette, e spaghetti siamo il Paese che esporta di più (58%) pasta, e siamo da sempre importatori di grano duro, perché siamo tra le realtà produttive al mondo con maggiore fabbisogno (5,8 milioni di tonnellate annui, un sesto della produzione mondiale) di questa semola. Al punto che senza grano estero, sparirebbero dalla tavola tre piatti di pasta su dieci.
A fare il punto sulla filiera dal grano duro alla pasta è l'Aidepi, Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiana, che ha presentato alla stampa un dossier su pasta, grano duro e glutenfobia, in vista dell'incontro della Cabina di Regia per la filiera promossa dai ministeri dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole e alimentari.
"E per fare chiarezza - hanno detto il direttore Aidepi Mario Piccialuti e il presidente dei pastai di Aidepi Riccardo Felicettti - su alcuni argomenti controversi legati a questo prodotto principe della Dieta Mediterranea, perché la disinformazione non aiuta il consumatore a fare scelte consapevoli. Come italiani è doveroso difendere la pasta, un prodotto sano, gustoso e sicuro, di traino per il made in Italy nel mondo".
Una polemica da parte di alcuni agricoltori che arriva, sottolinea l'industria della pasta, "paradossalmente oggi quando dipendiamo dall'estero meno di 100 anni fa, ma produciamo ed esportiamo sempre più pasta. L'attuale deficit strutturale di grano (circa il 30%-40%, a seconda dell'andamento climatico) è la metà rispetto al 70% registrato a fine Ottocento". (ANSA).