ROMA - Potrebbe arrivare una nuova cura per il medulloblastoma, il più diffuso tumore cerebrale dell'infanzia per il quale, nonostante un accettabile tasso di sopravvivenza, la tossicità dei trattamenti oggi in uso, in particolare la radioterapia, lascia nei pazienti danni gravi, tra cui disturbi cognitivi permanenti e neoplasie secondarie. Un gruppo di ricercatori dell'Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma, ha dimostrato infatti in vivo che dopo il trattamento con la proteina Cxcl3, anche se il tumore ha già iniziato a svilupparsi, il medulloblastoma non si forma più o scompare completamente. Lo studio è pubblicato su Frontiers in Pharmacology.
"Già nel 2012 avevamo identificato Cxcl3 quale possibile target terapeutico, dimostrando che la mancanza di questa proteina si lega a un notevole aumento della frequenza del medulloblastoma", spiega Felice Tirone dell'Ibcn-Cnr, che ha guidato la ricerca in collaborazione con Manuela Ceccarelli e Laura Micheli. "Utilizzando questa informazione, abbiamo ora dimostrato che se un modello di topi che sviluppa medulloblastoma con alta frequenza viene trattato per un mese con Cxcl3 nel cervelletto, sino all'età di due mesi, cioè quando il tumore ha già iniziato a svilupparsi,il medulloblastoma non si forma più o scompare completamente".
Si sta ora studiando l'applicabilità nell'uomo di questo trattamento, brevettato dal Cnr, perché sebbene Cxcl3 sembri essere privo di tossicità rimane da chiarire "per esempio se l'attività curativa permane anche in tumori in stadio avanzato" come evidenzia ancora Tirone. "Un'applicazione possibile - conclude - sarebbe nella sindrome di Gorlin, dove il medulloblastoma è trasmesso geneticamente, che ha una frequenza di 1 caso ogni 50.000 persone".