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Industria Auto Iran, crisi potrebbe favorire Cina e Russia

Le JV con PSA e Renault oggi a rischio per embargo forniture

Redazione ANSA ROMA

Le tensioni nel quadrante iraniano potrebbero avere importanti conseguenze anche sul settore automotive, e questo al di fuori di oscillazioni - più o meno forti - del prezzo del petrolio. L'Iran è, da sempre, il più grande mercato automobilistico della regione e, sfruttando negli scorsi anni importanti accordi di collaborazione con costruttori occidentali, in particolare la Renault e il Gruppo Peugeot, era anche diventata una vera potenza industriale. Nel 2017 l'insieme delle marche locali, guidate dalla Iran Khodro (IKCO), aveva prodotto oltre 1,5 milioni di veicoli, cioè il 14% in più rispetto all'anno precedente. Ma nel 2018 l'output è sceso a meno di 1 milione per effetto delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. Nell'anno civile iraniano (che è terminato il 21 marzo 2019) la produzione di veicoli è stata infatti di poco inferiore a 956.000 unità. Le ultime statistiche, diffuse il 4 gennaio da Fars News Agency, parlano di un calo del 26,3% al 21 dicembre, con un totale di 524.167 unità.

Una pessima notizia per l'economia in generale, poiché l'industria automobilistica rappresenta il 10% del PIL iraniano e impiega il 4% della sua forza lavoro. Da soli IKCO e Saipa rappresentano oltre il 90% della produzione di veicoli e impiegano 100.000 persone. In tutto il Paese circa 700.000 persone lavorano nella produzione di componenti e nelle industrie correlate. Nel periodo 21 marzo-21 maggio del calendario occidentale (che corrisponde al primo bimestre dell'anno iraniano 2019) la produzione è calata del 42% a poco meno di 209.000 veicoli con una stima - su base dei 12 mesi occidentali - che potrebbe non aver raggiunto le 800mila unità. Al 21 dicembre 2019, secondo l'agenzia Fhars La caduta della produzione - segnala il magazine specializzato Automotive Logistics - ha a sua volta portato a una radicale mancanza di offerta di veicoli che i potenziali consumatori possono acquistare, parallelamente a problemi più ampi che si presentano in Iran. Poiché ci sono meno veicoli disponibili per l'acquisto, i prezzi hanno iniziato a salire: quello che è il modello più economico in vendita in Iran - la Pride realizzata da Saipa utilizzando una vecchia tecnologia Kia., è salita dal corrispettivo di 8.400 dollari agli odierni 12.200. Nei mesi scorsi gli aumenti dei prezzi approvati dal Governo hanno visto un aumento dei prezzi franco fabbrica di almeno il 50% e in alcuni casi del 130%. Per limitare l'impatto negativo di questa situazione, il Governo di Teheran ha poi introdotto nuove norme che impongono alle Case automobilistiche una assoluta trasparenza nell'indicare i costi di produzione, i margini di profitto e il prezzo finale. E per chi non si adegua a quanto richiesto dal Consiglio Iraniano per la Concorrenza sono previste pene che vanno dalla prigione per due anni alla esecuzione capitale. Va ricordato che il Governo detiene direttamente il 14% di IKCO e il 23% di Saipa, con altre agenzie e organi governativi che sono proprietari di ulteriori quote. E rapporti della stampa locale suggeriscono che la situazione dovrebbe cambiare (ma gli eventi degli ultimi giorni potrebbero cambiare radicalmente i programmi) entro il marzo 2021, con la cessione delle quote statali per accelerare investimenti nel settore. Da quasi due anni in Iran, per effetto delle norme sul contenuto locale, si è arrivati ad un forte rallentamento della produzione dei modelli di origine francese (come Peugeot, Renault e Dacia). Resta poi il problema della scarsa qualità delle auto iraniane, soprattutto da punto di vista delle emissioni ed è già stato annunciato che alcuni modelli, tra cui la Peugeot 405 e la Kia Pride non potranno più essere immatricolati dopo il luglio 2020. Nel frattempo il Governo si è guardato attorno per cercare di rifornire un mercato che resta comunque importante e appetibile, anche se legato all'altalenarsi delle tensioni. E su questo fronte si è impegnato lo stesso ministro dell'Industria e del Commercio RezaRahmani che, in previsione di una crescita delle attività automotive in Iran, ha incontrato alla fine del 2019 numerosi industriali cinesi, per possibili 'aperture' non penalizzate dall'embargo Usa. Oltre ai brand coreani, come Kia, le sanzioni hanno aperto le porte all'industria cinese e a quella russa. IKCO produce alcuni modelli basati su auto Dongfeng e Haima e allo stesso modo Saipa collabora con Brilliance, Changan e Zoyte. Anche questa operazione non sta avendo successo ed è in continua contrazione. Il migliore risultato in Iran è quello ottenuto da Chery, che collabora con la Modiran Vehicle Manufacturing e vende con il marchio MVM. Shanghai Automotive Industry Corporation a sua volta ha accordi con il costruttore privato FAM Co e aveva iniziato a produrre il suv MG RX5 a Semnan, 180 km a est di Teheran. Oltre ai cinesi si trasferiscono in Iran anche i russi: AvtoVaz (marca della Renault, ma non soggetta alle sanzioni statunitensi) e il produttore di camion Kamaz hanno iniziato attraverso esportazioni dalla Russia, ma la produzione locale potrebbe avvenire in tempi brevi.

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