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Capraia, Capri, Levanzo, Favignana, Marettimo, l’Isola del Giglio, le Tremiti, Lampedusa, Linosa, Pantelleria, Salina, Lipari, Stromboli, Panarea, Vulcano, Alicudi, Filicudi, Ponza, Ventotene e Ustica, queste sono le nostre isole minori. Territori che sembrano davvero lontani dagli obiettivi 100% rinnovabili auspicati dalla politica internazionale. Eppure questi paesaggi mozzafiato avrebbero tutto da guadagnare da un regime di politica sostenibile, non solo per l’ambiente ma anche per i costi finali ai cittadini.
Dobbiamo fare i conti con i limiti con cui si scontrano le nostre isole come: criteri paesaggistici, enti parco e normative comunali. Senza contare le difficoltà oggettive di gestire impianti che devono sopperire a esigenze molto diverse tra estate e inverno.
Eclatante il caso di Favignana in cui la proposta di adeguare la centrale energetica con un impianto più efficiente che ne riduce le emissioni e l’azione della società energetica locale di installare il fotovoltaico sui tetti degli abitanti viene osteggiata per prima dai cittadini (non è apprezzato il luogo dell’insediamento della nuova centrale).
O il caso delle Tremiti in cui un impianto fotovoltaico a terra posto ad alimentare un dissalatore sull’isola di San Nicola è in disuso da più di 20 anni. Sempre in tema di dissalatore l’inaugurazione un anno fa dell’impianto sull’isola di Ventotene è stata più volte osteggiata dalla cittadinanza e dal Sindaco in carica. Effetto Nimby che ha causato ulteriori malumori quando ai principi della sua applicazione l’acqua uscì marrone dalle tubature. Tutti problemi risolti ma che segnalano una difficoltà continua nel dialogo con popolazioni e istituzioni.
Le venti piccole isole italiane e i loro problemi con energia acqua e rifiuti risultano poco distanti dai dati del report di Legambiente del 2018 rispetto l’anno precedente 2017.
Nel mentre Legambiente ricorda due novità normative utili: il decreto del Ministero dello Sviluppo economico di febbraio 2017, di spinta alle fonti rinnovabili nelle isole minori, e la Legge 221/2015, che istituisce il contributo di sbarco.
Il primo non è ancora in vigore perché in attesa della delibera dell’Autorità per l’Energia che fissi le regole per l’accesso agli incentivi. La seconda prevede contributi per i non residenti che sbarcano sulle isole fino a un massimo di 2,5 euro a persona che può raggiungere i 5 euro nei Comuni dotati di asset ambientali bisognosi di maggior tutela come i vulcani. I proventi sono destinati a sostenere la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, il recupero e la salvaguardia ambientale, interventi in materia di turismo, cultura, polizia locale e mobilità.
Nel contesto l’associazione propone una cabina di regia presso il Ministero dell’Ambiente e l’elaborazione di un piano per il clima e la sostenibilità ambientale che preveda un modello energetico incentrato sulle fonti rinnovabili e una gestione circolare del ciclo dell’acqua e dei rifiuti.
Tutte iniziative encomiabili che talvolta sono di difficile progettazione considerati i limiti di estensione tipici dei territori in analisi (le isole Tremiti 3,13 km²; 19 km² di Capraia; 1,54 km² di Ventotene solo per fare alcuni esempi). Rispetto ai casi internazionali posti dal report ci sono Eigg nell’arcipelago britannico delle Ebridi, 30,49 km² oSamso nel Mar Baltico, di 114,3 km² e El Hierro, la più piccola delle Canarie ma sempre di 268,7 km².