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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

La geotermia al bivio della sostenibilità

Amiata e le analisi di inquinamento

e7 - Da un lato le nuove soluzioni tecnologiche per la geotermia a media e alta entalpia che assicurano un alto tasso di eco compatibilità, ma stentano a decollare nel nostro Paese. Dall’altro gli impianti a bassa entalpia che assicurano già oggi un buon livello di sostenibilità, nonostante ciò sono spesso coinvolti nelle polemiche sui siti più inquinanti a causa di errate generalizzazioni. Nel mezzo le più datate installazioni geotermiche che hanno fatto la storia di questa fonte in Italia avrebbero bisogno di un retrofit di adeguamento ambientale. 

Questo, in sintesi, il quadro sulla geotermia nazionale descritto a e7 da Fabio Roggiolani, Vicepresidente di GIGA (Gruppo informale per la geotermia e l’ambiente), che approfondisce lo stato di questo settore con il nostro settimanale dopo la pubblicazione di alcuni report e l’organizzazione di convegni sul tema nelle scorse settimane. 

“La nostra associazione è nata per il rinnovamento della geotermia”, visto che ci sono nuove tecnologie per sfruttare le maggiori profondità “che non hanno emissioni in atmosfera. Noi promuoviamo queste soluzioni a impatto zero, di cui non ci sono ancora impianti in Italia, a totale reimmissione dell’acqua”; risorsa che nel tradizionale “ciclo flash va quasi del tutto in atmosfera con i gas inquinanti”. Nel caso della bassa entalpia, sottolinea Roggiolani, “invece non ci sono problemi simili, né con ciclo aperto, né con ciclo chiuso, data la bassa profondità utilizzata”. Parliamo di un segmento che conta “1,2 milioni di impianti in Europa”.

Se lo sguardo sul futuro della geotermia è promettente, la situazione degli impianti più datati è meno rosea, secondo il Vicepresidente di GIGA. Per poter intervenire con un retrofit di carattere ambientale “le soluzioni tecnologiche ci sono, c’è solo un problema di volontà politica. Gran parte delle concessioni di sfruttamento geotermico scadono nel 2024 e quindi esistono le condizioni per fare riconversione di tutte le centrali con il sistema dei cicli binari e la totale reimmissione”. 

Proprio l’impatto ambientale di questi impianti è stato protagonista di un convegno a Rocca di Papa (Roma), dal titolo “La geotermia: energia rinnovabile o speculazione pericolosa?”. 

“Il nostro Paese, giovane dal punto di vista geologico e ancora in piena evoluzione, presenta molte aree in cui può essere utilizzata la geotermia”, ha spiegato nel corso dell’evento Tiziana Guida, Vicepresidente dell’Ordine dei Geologi del Lazio. “Tuttavia, soprattutto per quella a media e alta entalpia, ovvero ad alte temperature, occorre fare molta attenzione nello sfruttamento per non andare a stravolgere i delicati equilibri naturali esistenti”.

Con le tecnologie di geoscambio a bassa entalpia, in particolare, “non si produce energia elettrica mediante lo sfruttamento diretto del calore, bensì si usano le temperature costanti del sottosuolo per la climatizzazione dei diversi ambienti”, ha aggiunto il Coordinatore della Commissione Energia dell’Ordine, Roberto Spalvieri. Queste soluzioni “accoppiano gli indubbi vantaggi energetici delle moderne pompe di calore allo sfruttamento dell’energia termica immagazzinata a bassa temperatura nel sottosuolo. Visto che il calore della terra è costante durante tutto l’arco dell’anno, le prestazioni di un impianto geotermico hanno l’ulteriore pregio di non dipendere dalle condizioni meteorologiche o da variazioni stagionali. Il risparmio energetico ottenibile grazie a tale tecnologia, unita alle agevolazioni fiscali previste per questi impianti, determinano rientri economici veramente interessanti”. 

 

In questo senso, però, secondo il Vicepresidente Guida “per utilizzare nel modo più efficiente ed efficace questa nuova energia pulita è indispensabile provvedere quanto prima alla emanazione da parte del Ministero per lo Sviluppo economico del cosiddetto Decreto posa sonde (previsto dal D.Lgs. n. 22/2010) e, da parte della Regione Lazio, alla emissione dei regolamenti attuativi della Legge regionale numero 3 dell’aprile 2016, con i relativi strumenti di attuazione: il Registro impianti geotermici e la Carta idro-geotermica regionale”.

È la normativa, dunque, che deve fornire “garanzie ai cittadini, consentendo di evidenziare chiaramente qualsiasi criticità legata allo sfruttamento di questa risorsa e ampliando il dibattito pubblico con i territori interessati, fornendo la possibilità alle persone di accedere a tutti i dati rilevati e allo svolgimento delle attività previste ma anche di intervenire se si presentano problematiche”.

Un altro territorio ad alta attenzione per la geotermia, anche perché patria storica per questa fonte, è la Toscana. Qui l’Osservatorio di epidemiologia dell’Agenzia regionale di sanità ha promosso il progetto “InVetta: indagine di biomonitoraggio e valutazioni epidemiologiche a tutela della salute nei territori dell’Amiata”.

Si tratta di un’indagine su un campione di 2.000 persone, di età 18-70 anni, residenti nei comuni dell’Amiata maggiormente interessati dagli impianti geotermici, come descritto sul sito web dell’Agenzia toscana. Il progetto prevede la raccolta di campioni di sangue, urine e lo svolgimento di alcune visite mediche. 

Ad aprile sono stati diffusi i primi risultati dell’iniziativa: “Al netto del fatto che si tratta di considerazioni del tutto preliminari”, basate su un sottocampione di 740 soggetti, si legge in una nota, “il valore che più colpisce è il dato sulla ipercolesterolemia: il 47% del campione analizzato ha livelli di colesterolo sopra i 200 mg/dl”. Inoltre, è stata rilevata l’esigenza di “ulteriori approfondimenti” su presenza ed effetti del tallio. La ricerca, al momento, non ha sancito alcune relazione diretta tra geotermia ed effetti sulla salute umana. 

In generale, commenta Roggiolani di GIGA, “in Amiata si fa geotermia aperta con ciclo flash. Quindi c’è un elemento di inquinamento, però ridotto significativamente nel tempo con l‘installazione di filtri”.