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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

Il contributo dell’industria energetica alla salvaguardia idrica

I dati del report “The water challenge"

e7, il settimanale di QE - In che modo le compagnie energetiche e le utility possono contribuire a ridurre le crisi idriche e migliorare la qualità dell'acqua disponibile attraverso nuove tecnologie e best practice? A rispondere sono state Barclays e Columbia Water Center che hanno pubblicato il report “The water challenge: preserving a global resource”.

Questo tipo di aziende “utilizza notevoli quantità di acqua e svolge un ruolo importante nella protezione delle risorse”, sottolineano gli autori del rapporto. Nel caso della filiera Oil&Gas, ad esempio, gli operatori americani che impegano la tecnica estrattiva del “fracking” hanno aumentato il loro uso di acqua dolce da 5.600 barili per pozzo di petrolio nel 2008 a più di 128.000 barili nel 2014 e oltre 300.000 barili in alcuni casi dello scorso anno. Questo comparto, dunque, “sebbene stia migliorando il modo in cui si occupa delle acque reflue”, può e deve fare ancora molto.

Anche il termoelettrico viene preso in considerazione dal report, visto che le centrali “impiegano molta acqua per il raffreddamento, anche se gran parte di questa viene restituita al ciclo idrico. Tuttavia, nelle regioni dove c’è minor disponibilità della risorsa, questi ritiri possono contribuire a squilibrare offerta e domanda”.

Infine le utility dell’idrico. “Il settore è tipicamente di proprietà pubblica, con un minore accesso al capitale da investire in infrastrutture obsolete e soluzioni innovative per contrastare le perdite di acqua. Le sue principali sfide riguardano calo dell'offerta e maggiore domanda di acqua”.

Le soluzioni arrivano prima di tutto dalla collaborazione, secondo Barclays e Columbia Water Center. Ad esempio, “le società più grandi e ben capitalizzate nel settore del petrolio e del gas, nonché alcune utility, possono contribuire a finanziare lo sviluppo delle piccole aziende pubbliche di smaltimento di acque reflue con restrizioni di capitale in cambio dell'uso di acque depurate”.

Il riutilizzo di acque reflue trattate in pozzi di estrazione petrolifera, infatti, “potrebbe abbassare i costi legati all'acqua di circa il 45% e far risparmiare oltre 300.000 barili di acqua dolce per pozzo”.

A monte della filiera, inoltre, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento è un’opportunità, scrivono gli studiosi: “Le società idriche stanno esaminando alternative alle fonti d'acqua dolce, tra cui quella salmastra, salina e acque reflue trattate. Altre soluzioni includono la gestione delle forniture attraverso la conservazione, la gestione intelligente delle acque e le tecnologie di rilevamento delle perdite”.

Questo lavoro sottolinea inevitabilmente le maggiori problematiche che incidono sulla disponibilità di acqua (variabilità del clima, siccità, crescita della popolazione ed espansione economica), citando anche la NASA che ha calcolato come “un terzo dei principali bacini idrici a livello mondiale si stia rapidamente esaurendo per il consumo umano”. Le soluzioni, in generale, devono coinvolgere “persone, governi e industria” nell’attuazione di “pratiche, tecnologie e politiche sostenibili per garantire la conservazione di questa risorsa globale”.

Un aspetto di interesse su cui si focalizza il rapporto è la globalizzazione del problema acqua. In un mondo sempre più interconnesso e interdipendente, ad esempio, una crisi idrica in un’area di produzione agricola può determinare la mancanza di prodotti alimentari in altre zone del pianeta dove l’agricoltura è meno diffusa.