Salvare la Siria, prosegue, ''significa salvare la sicurezza, la libertà i nostri valori e il nostro patrimonio culturale''.
Aiutare la Siria, sostiene il diplomatico, significa innanzitutto ''rispettare il diritto internazionale che prevede il divieto di ingerenza negli affari altrui; vuol dire rafforzare la Siria, una Siria laica, sostenendo un dialogo tra siriani. Fermando l'ingerenza dell'Arabia Saudita che ha creato l'Isis''. La soluzione, conclude, ''deve essere una soluzione siriana, perché a prevalere deve essere l'interesse siriano''.
La Siria, gli fa eco la giornalista Diana Jabbour, sta pagando un prezzo troppo elevato. ''Oltre alla ripresa dei rapporti bilaterali e la fine dell'isolamento mediatico della Siria, chiediamo la fine dell'embargo che colpisce i civili siriani''.
L'Europa, sostiene la responsabile della produzione televisiva e cinematografica in Siria, ''vera responsabile della nascita e della proliferazione di Al Qaeda e Daesh, deve fare un passo avanti appoggiando il nostro Stato, laico, democratico e libero''. Per risolvere la crisi non c'è altro modo, ripete, se non ''distruggere il terrorismo, fermare i finanziamenti ai terroristi e portare avanti una soluzione politica. O la Siria torna a essere uno Stato laico e libero o saremo per sempre uno Stato religioso che attira terroristi da tutto il mondo che chiamano la Siria 'Sham Sharif', terra sacra per la Jihad''. E l'appoggio da alcuni parlamentari alle richieste di riapertura delle relazioni bilaterali tra Roma e Damasco arriva dal Movimento 5 Stelle e dal Pd. Da tempo, ha ricordato l'on. Manlio di Stefano, abbiamo chiesto la ripresa dei rapporti e la fine dell'embargo che colpisce unicamente i civili. Abbiamo anche chiesto di fermare la vendita di armi a quei Paesi che finanziano l'Isis, in primis l'Arabia Saudita''. La non ingerenza, prosegue, ''non significa appoggiare il presidente siriano Bashar Al Assad. Assad è parte della soluzione e è impensabile che a Vienna non sieda nessun suo rappresentante''.
(ANSAmed).
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