(di Jacopo Valenti)
(ANSA) - TRENTO, 9 DIC - Per un autistico tagliarsi i capelli
può essere un'esperienza traumatica: il rumore delle forbici e
del rasoio elettrico, l'aria calda e assordante del phon, le
luci riverberate dagli specchi del salone, la musica di
sottofondo. È quindi difficile, per i genitori di un bambino con
disturbi dello spettro autistico, trovare un parrucchiere o un
barbiere disposto ad affrontare una situazione potenzialmente
complicata. Non tutti però, rifiutano. Ad esempio Christian
Plotegher, che nella sua bottega di Rovereto, in Trentino,
accoglie senza problemi questi bambini così speciali come è
capitato con Carlo, 5 anni e mezzo.
Mamma Teresa e papà Roberto - lo ha raccontato lei stessa sul
suo blog "Dammi bacio, dammi bacio" - sono saliti in macchina e
hanno percorso 250 chilometri per portarlo a tagliare i capelli,
visto che nel capoluogo meneghino i tentativi per trovare "uno
dei pochi barbieri rimasti a Milano che ancora fosse disposto a
farci entrare nel suo salone" erano andati a vuoto.
"Avevo letto qualche tempo fa di questo ragazzo che offriva
nel suo salone 'l'ora di quiete' per tagliare i capelli a
bambini e ragazzi autistici. Nel suo salone si spegne la musica,
si abbassano le luci e non ci sono attese", scrive mamma Teresa
nel suo racconto. Carlo, racconta ancora la mamma, non è rimasto
seduto composto per tutto il tempo, e nessuno glielo avrebbe
chiesto, ma l'atmosfera nel salone di Christian è stata
rilassata: "Nessuna ansia, nessuna crisi, nessun imbarazzo, solo
un groviglio di sensazioni piacevoli che è difficile esprimere.
Mi sono sentita accolta, ho sentito mio figlio accolto e so che
solo un genitore di un bambino autistico, sa cosa questo possa
significare".
Christian non ha fatto corsi di formazione particolari, la
scelta di provare a lavorare con i bambini autistici è nata
dalla sua sensibilità e della sua empatia. La scintilla è stato
l'incontro con Tommy, un bambino affetto da una lieve forma di
autismo. Christian ha così conosciuto il concetto di "quiet
hours", le ore di quiete: momenti in cui si riducono al minimo
gli stimoli luminosi e acustici per aiutare il cliente a
mettersi a proprio agio. Un principio che Christian non ha più
abbandonato. L'auspicio è che altri, come lui, decidano di
mettersi in gioco: "Mi piacerebbe che anche altri colleghi
provassero questa esperienza e offrissero questo servizio alle
famiglie", dice Christian all'ANSA. (ANSA).