"Cantano Dylan e Guccini, sbadigliano con i cori alpini. Posano i vecchi scarponi della naja e scalano con le Superga. Non frequentano le notti delle partenze, preferiscono quelle dei ritorni. Se le scuole insegnano che la montagna è una maestra severa, loro cercano di farsela amica. Se i sacri manuali dicono che lo zaino è la casa dell'alpinista, loro partono senza zaino, senza giacca, senza tutto, perché la fantasia è incosciente e irresponsabile". Sono i ragazzi del Nuovo Mattino, movimento alpinistico nato all'inizio degli anni '70 a Torino (città con le Alpi sullo sfondo, che "fabbricava le auto e il mal di montagna'), descritti e raccontati dallo scrittore Enrico Camanni nel libro 'Verso un nuovo mattino. La montagna e il tramonto dell'utopia' (Editori Laterza).
In 230 pagine l'autore ripercorre le imprese di questi "giovani contestatori dai capelli lunghi e dagli abiti irriverenti", "inquieti, fantasiosi e utopisti", che "alle piazze preferiscono le montagne e cercano in parete il loro altrove e un diverso rapporto con la vita e con la natura". Li chiamavano anche il 'Circo Volante' o il 'Mucchio Selvaggio'. La loro è una "storia utopistica e tragica", che si sviluppa attorno a grandi personaggi del mondo dell'arrampicata come Gian Piero Motti, Gian Carlo Grassi, Ugo Manera, ma anche come lo scozzese Mike Kosterlitz, vincitore del premio Nobel per la fisica nel 2016.