Cultura

Un docu su Grace Jones, icona androgina

In sala come evento a gennaio biopic di Sophie Fiennes

Redazione Ansa

Una cosa è certa, la Grace Jones che si vede nel documentario di Sophie Fiennes non sembra proprio avere i 69 anni che risultano all'anagrafe, ma almeno venti meno. Virtù e privilegio di molti artisti. Detto questo, l'ultima rappresentante di quella categoria di pop star che, dopo la dipartita di Prince e David Bowie, hanno portato in scena la archetipica figura dell'androgino nel documentario 'Grace Jones: Bloodlight and Bami', passato al Torino Film Festival (Festa Mobile) dopo Toronto, si racconta abbastanza, ma soprattutto canta molto.

Tanti i brani nel docu fatti vedere nella loro completezza, una vera rarità in una biopic musicale. Comunque un ritratto-documentario di Grace Jones e della sua figura animalesca e da extraterrestre quello di Sophie Fiennes (in sala come evento il 29 e il 31 gennaio 2018 con Officine UBU), dove la modella, e poi cantante giamaicana, si mostra allo stesso tempo, nella vita come sul palcoscenico, tra ostentazioni di machismo e fragilità femminile. Tanti i cappelli futuristi sulla sua testa da ostentare sempre (una sua vera passione), il suo rapporto sincopato con il telefono, la sua grande capacità di comunicare con tutti, la sua passione per il cibo della sua terra, la sua tagliente ironia sempre fuori controllo, sono solo alcune delle cose che mostra la regista (sorella degli attori Ralph e Joseph) per raccontare questa artista di 'plastica', regina della disco music degli anni '70 per poi approdare, negli anni, a una commistione di stili. E tutto questo con il valore aggiunto di una presenza scenica straordinaria, da graphic novel.

Una Grace Jones descritta, con perfidia e verità, da alcuni critici americani come "un mix tra Liza Minnelli in Cabaret e Arnold Schwarzenegger in The Terminator", seguita dalla Fiennes per cinque lunghi anni durante le tournée e nel privato. Tra i momenti più belli del film quello che vede Grace Jones attraversare la Giamaica, incontrare i suoi parenti e soprattutto ricordare il suo violento patrigno, Master Patrick, o "Mas P", i cui terrificanti modi spesso si ritrova involontariamente ad imitare: "Sto giocando a fare Mas P - dice a un certo punto ai presenti in studio di registrazione -. Ecco perché sono così spaventosa, in me prevale, quando lo imito, la dominante maschile che c'è in me".

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