(ANSA) - ROMA, 2 MAG - Che fosse per esprimere riflessioni
amare o semplicemente per ridere, Leonardo da Vinci non
disdegnava le parolacce. Le sue preferite erano 13, ma non ne
abusava. Si trovano nei fogli che raccolgono le sue riflessioni
personali, raccolti negli "Aforismi, novelle e profezie" e negli
"Scritti letterari". Questi ultimi sono stati pubblicati per la
prima volta nel 1952, ampliati nel 1967 da due manoscritti
autografi conservati nella Biblioteca Nazionale di Madrid. A
scovarle è stato il giornalista Vito Tartamella, autore del
libro "Parolacce", primo studio italiano di psicolinguistica sul
turpiloquio, e autore del sito www.parolacce.org.
Come Dante, Shakespeare e Mozart, anche Leonardo non disegnava
il linguaggio più basso. 'Asino', 'porci', 'bastardo' sono fra
quelle che preferiva, accanto alle altre che si riferivano a
parti del corpo maschile e femminile. Sono dieci i brani nei
quali sono state individuate le 13 parolacce, ripetute per un
totale di 17 volte.
Usare parolacce era per Leonardo un modo "per esprimere
riflessioni amare, argute, polemiche, parlando in modo
schietto", rileva Tartamella. L'umorismo era altrettanto
importante, soprattutto considerando che alcune parolacce
vengono citate nelle barzellette.
Al di là della curiosità, la presenza delle parolacce è una
testimonianza di come Leonardo conoscesse il linguaggio basso:
"le volgarità - rileva Tartamella - portano nei suoi scritti una
ventata di realismo: se nei dipinti raffigurava potenti e
derelitti, belli e brutti, nel suo linguaggio mescolava
citazioni dotte e spirito popolaresco. Leonardo era curioso del
mondo e amava sperimentare e giocare. Ecco perché non aveva
tabù, a partire dal linguaggio".
Erano 13 quelle che usava più spesso