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Erano 13 quelle che usava più spesso

ROMA, 02 maggio 2019, 16:16

Redazione ANSA

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Che fosse per esprimere riflessioni amare o semplicemente per ridere, Leonardo da Vinci non disdegnava le parolacce. Le sue preferite erano 13, ma non ne abusava. Si trovano nei fogli che raccolgono le sue riflessioni personali, raccolti negli "Aforismi, novelle e profezie" e negli "Scritti letterari". Questi ultimi sono stati pubblicati per la prima volta nel 1952, ampliati nel 1967 da due manoscritti autografi conservati nella Biblioteca Nazionale di Madrid. A scovarle è stato il giornalista Vito Tartamella, autore del libro "Parolacce", primo studio italiano di psicolinguistica sul turpiloquio, e autore del sito www.parolacce.org.
    Come Dante, Shakespeare e Mozart, anche Leonardo non disegnava il linguaggio più basso. 'Asino', 'porci', 'bastardo' sono fra quelle che preferiva, accanto alle altre che si riferivano a parti del corpo maschile e femminile. Sono dieci i brani nei quali sono state individuate le 13 parolacce, ripetute per un totale di 17 volte.
    Usare parolacce era per Leonardo un modo "per esprimere riflessioni amare, argute, polemiche, parlando in modo schietto", rileva Tartamella. L'umorismo era altrettanto importante, soprattutto considerando che alcune parolacce vengono citate nelle barzellette.
    Al di là della curiosità, la presenza delle parolacce è una testimonianza di come Leonardo conoscesse il linguaggio basso: "le volgarità - rileva Tartamella - portano nei suoi scritti una ventata di realismo: se nei dipinti raffigurava potenti e derelitti, belli e brutti, nel suo linguaggio mescolava citazioni dotte e spirito popolaresco. Leonardo era curioso del mondo e amava sperimentare e giocare. Ecco perché non aveva tabù, a partire dal linguaggio".
   

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