(ANSA) - PALERMO, 22 APR - Da imprenditore edile a editore e
direttore di una piccola emittente di frontiera diventata voce
di un'antimafia irriducibile. Era il 1999 quando Pino Maniaci
lasciò alle spalle un'attività che gli aveva provocato un
mucchio di guai e rilevò Telejato, una tv comunitaria di
Partinico legata a Rifondazione comunista. Nella doppia veste di
editore e direttore, Maniaci promosse subito un'aggressiva
campagna contro la mafia. Il bacino d'utenza della televisione
era quello di uno dei più importanti mandamenti di Cosa nostra
che andava da Alcamo a Partinico, da San Giuseppe Jato a
Corleone.
Telejato non si è occupata però solo di criminalità
organizzata. Con il piglio della denuncia incalzante la piccola
emittente ha affrontato i temi più scottanti: l'inquinamento
ambientale attribuito agli scarichi di una distilleria, le
infiltrazioni nella vita amministrativa, la corruzione, le
speculazioni sul territorio. Maniaci e la sua emittente si sono
ritrovati subito in trincea. Sono diventati bersaglio di un
centinaio di querele ma anche di pesanti intimidazioni con
incursioni nella sede della tv, l'incendio di un'auto
dell'emittente, minacce anonime, l'aggressione di Maniaci a
opera del figlio minorenne del capomafia di Partinico, Vito
Vitale. E per ultimo un truce avvertimento con l'avvelenamento
di due cani del giornalista. Per tutta risposta Maniaci ha
mantenuto il taglio di un'informazione di denuncia intransigente
che, recentemente, ha preso di mira con gli articoli di Salvo
Vitale amico e compagno di Peppino Impastato la gestione dei
beni sequestrati alla mafia e la sezione del tribunale
presieduta da Silvana Saguto.
Proprio da un filone dell'inchiesta sugli incarichi agli
amministratori giudiziari è nata l'ipotesi che Maniaci abbia
contrattato una linea più morbida della sua emittente in cambio
di favori clientelari. Le intercettazioni ora proietterebbero
ombre sulla correttezza del giornalista che spesso si è
ritrovato al centro di scontri e di polemiche anche con persone
e ambienti estranei al giro di interessi mafiosi. Anche la sua
iscrizione nell'elenco dei pubblicisti è diventato un caso
controverso.
Denunciato per esercizio abusivo della professione, e poi
assolto, chiese l'iscrizione nell'albo dei giornalisti della
Sicilia e si presentò nella sede dell'Ordine regionale
accompagnato dal segretario nazionale e ora presidente nazionale
Enzo Iacopino. A sostegno della domanda, che subito alimentò
forti polemiche, si formò soprattutto nei social un movimento
che chiedeva l'immediata iscrizione del direttore di Telejato
anche in presenza di numerosi precedenti penali, dalla truffa
all'emissione di assegni a vuoto. Secondo Maniaci, che venne
sentito per dare chiarimenti, si trattava di episodi lontani
legati all'attività imprenditoriale e per l'Ordine non
suscitavano più "particolare allarme sociale". (ANSA).
Estorsioni: Maniaci, dall'edilizia al giornalismo
Direttore di Telejato voce dell'antimafia e ora indagato