(di Alessandra Moneti)
- I cambiamenti climatici pesano anche sul Vigneto Italia, con
un anticipo medio della fioritura di otto-dieci giorni, e il
rischio diffuso di vini più alcolici. Tuttavia la tipicità è
salva, grazie a interventi agronomici tra i filari e a un
maggior ricorso all'irrigazione. A dirlo all'ANSA, nel giorno
della pubblicazione sulla rivista Nature Climate Change di uno
studio inglese in collaborazione col centro Goddard della Nasa
sui cambiamenti climatici a carico dei vini francesi, è Diego
Tomasi, che dirige il centro di ricerca e la Scuola di
Viticoltura ed Enologia di Conegliano.
"Il rischio di produrre vini più alcolici - sottolinea
l'esperto - non risponderebbe a quel che chiede il mercato oggi.
Rischiamo la scomparsa nei bianchi di sentori floreali per una
prevalenza di aromi tropicali, o di frutta matura. L'Amarone
però è avvantaggiato, con una produzione ottima e vini belli
corposi". Da noi "possiamo datare l'inizio dell'impronta dei
cambiamenti climatici dal 1998" osserva Tomasi nel sottolineare
che "da un periodo di fioritura abbreviato e pertanto di un
anticipo dell'invaiatura conseguono mediamente vini più
alcolici. E in un momento in cui a livello mondiale c'è forte
attenzione sugli spumanti, diventa purtroppo più difficile
mantenere l'acidità delle uve destinate alla produzione di
spumanti, Champagne e Prosecco. In Italia, tuttavia - rimarca il
direttore del Centro di ricerca di Conegliano - la tipicità dei
nostri vini non è stata messa in discussione. Per mantenere la
freschezza e l'acidità la viticoltura trentina, ad esempio, ha
spinto lo Chardonnay e il rinomato Pinot Nero destinati a base
spumante fino a quota 600 metri in Valle di Cembra. In generale,
sono state trovate soluzioni agronomiche, cambiando
l'orientamento dei filari, rivalutando la pergola, spingendo in
altezza la viticoltura, prolungando lo sviluppo vegetativo. Ma
ora occorre ragionare sulla regimentazione delle acque per far
fronte alle sempre più frequenti precipitazioni, le cosiddette
bombe d'acqua. L'irrigazione - continua Tomasi - diventa
importante non più per conservare la quantità della raccolta, ma
per preservare la qualità". In prospettiva, a giudizio del
ricercatore del Crea, "per far fronte al cambiamento climatico
servirà una "genetica di soccorso" e da parte dei Consorzi un
ripensamento dei disciplinari di produzione con un rialzo delle
rese del 10%-15%".
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In Italia clima pesa in vigna, ma tipicità è salva
Crea,uva 'sale' a quota 600 metri in Trentino e preserva acidità