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Segre a studenti, nei lager non è gita

Standin ovation per lei di 1500 ragazzi italiani a New York

Redazione Ansa

(di Luciano Fioramonti) (ANSA) - New York, 31 mar - "Nei lager non si va in gita, è un pellegrinaggio. Non si mangia, non si fanno selfie ma si sta in silenzio, magari con un abito leggero in inverno per sperimentare anche solo per mezz'ora che cosa si prova. Si ascolta solo la propria coscienza". Nel silenzio totale dell' aula di un grande albergo di Times Square, le parole Liliana Segre commuovono gli oltre 1500 studenti giunti a New York per l'ottava edizione di "Change the World", la simulazione dei lavori delle Nazioni Unite organizzata dall'Associazione Diplomatici. La senatrice a vita parla in video collegamento dall'Italia ai ragazzi che si sono messi alla prova sognando un futuro nel campo della diplomazia e della mediazione internazionale. "Ci insegni a ribellarci alla paura" le dice uno dei giovani e una standing ovation spontanea e un lungo applauso saluteranno la fine del suo intervento. "Perché ad un certo punto della tua vita hai sentito che era arrivato il momento di condividere la tua memoria con le nuove generazioni?" le ha chiesto la giornalista Myrta Merlino. "Non era facile - risponde - trovare le parole per quello che Primo Levi ha definito 'indicibile'. Ci sono voluti anni di ritrovato amore. Mio marito, i miei bambini ai quali non sapevo spiegare il mio numero sul braccio. Oggi quando parlo ai ragazzi mi presento come nonna. Li guardo negli occhi. Cerco di caprine le emozioni. Il mio è un messaggio di vita invece che di morte, che cerco di passare ai questi miei nipoti ideali. Combatto l'odio e la cattiveria".
    La senatrice racconta quando a 8 anni il padre le disse che non sarebbe potuta più andare a scuola. "Chiese alla maestra di venire a casa per spiegarmi perché non potevo tornare nel luogo per me più sicuro, la mia classe. Mi accolse con un sentimento terribile: l'indifferenza. Si limitò a riferire delle leggi razziali e se ne andò. Senza abbracciarmi. Senza dispiacere".
    Che cosa prova oggi nel sentir parlare di norme per i Rom, di non far sbarcare i migranti, dei nuovi muri che prendono forma?.
    "Vidi nella caduta del muro di Berlino l'unità di un Europa - dice -. Oggi molti Paesi stanno facendo il contrario. Ma accadde la stessa cosa subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando sarebbe stato intollerabile dichiararsi antisemiti. Perché le cose si dimenticano, e i sentimenti osceni riemergono. E ciò che li fa riemergere è l'indifferenza generale. Il discorso della memoria e della storia sono legati da un doppio filo. Fra tanti ragazzi che incontro penso che se solo uno di loro si ricorderà dell'incontro, e avrà la curiosità e la voglia di andare ad approfondire, facendo suo quel racconto, allora il filo della memoria continuerà". Poi spiega perché ha detto "Io non dimentico, io non perdono". "Quando perdi gli affetti più cari che ti vengono tolti - spiega - come fai a dimenticare? Il. Devi avere dentro di te la fortuna di saper perdonare. Io non ce l'ho. Potrei perdonare il male che hanno fatto a me ma non quello che è hanno subito milioni di persone. Non lo dimentichi e non puoi perdonare".
    Uno dei ragazzi le chiede dei negazionisti. "Hanno cominciato a negare subito - osserva - non hanno aspettato di visionare i documenti o di vedere le immagini scattate dai nazisti. Lo hanno fatto per motivi politici certo, ma anche perché era così indicibile quello che era successo, avrebbero dovuto ammettere il male. Erano uomini e donne come noi, solo vestiti in modo diverso, e preparavano la nostra morte. Nella mia vecchiaia sono una donna libera, una donna di pace. Non predicherò mai l'odio e la vendetta, ma solo l'amore". (ANSA).
   

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