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Di fronte a una guerra che si cronicizza dobbiamo salvare la qualità del dialogo

Redazione Ansa

Nell’aprile del 1977, una squadra di operai che stava scavando le fondamenta per la costruzione di una banca al centro di Parigi, si imbatté nei resti di alcune teste scolpite nel tredicesimo secolo. Riemerse così una vecchia storia di intolleranza, ricordata da E.H Gombrich nell’ultima edizione della sua “Storia dell’arte”. Quelle teste appartenevano alle statue dei re del Vecchio Testamento che ornavano la cattedrale di Notre Dame. Nel corso della Rivoluzione francese la folla, pensando si trattasse dei ritratti dei passati monarchi di Francia, oltre al sovrano Luigi XVI in carne e ossa decapitò anche le statue della cattedrale, che furono restaurate solo molti anni dopo.

Non solo i Budda di Bamiyan fatti saltare dai talebani nel 2001, non solo i gravissimi danni inflitti dall’Isis al sito archeologico di Palmira nel 2013: anche la civilissima Europa ha avuto le sue fasi di intolleranza che prendevano di mira le opere d’arte in omaggio a una concezione del politically correct in vigore a quel tempo. Appartengono allo stesso modo di pensare l’abbattimento delle statue del “colonizzatore” Cristoforo Colombo nelle città degli Stati Uniti e la censura esercitata nei confronti di Dostoevskij annullando un corso alla Bicocca di Milano.

Rischiamo di perdere il senso della storia e la capacità di inquadrare le opere nel contesto dell’epoca. Correggere il libretto del “Ballo in maschera” di Giuseppe Verdi, come sta avvenendo alla Scala di Milano, perché contiene la frase “dell’immondo sangue dei negri” è come censurare “Il mercante di Venezia” di Shakespeare perché l’ebreo Shylock è un personaggio odioso.

Queste considerazioni mi sono suggerite dalla percezione che viviamo in tempi difficili, incattiviti dalle crisi, con la prospettiva di una guerra che potrebbe durare a lungo e avvelenare non solo i rapporti internazionali, ma anche le relazioni all’interno della nostra comunità e rendere più aspri i dibattiti, attizzando un clima di generale intolleranza.

Nel precedente editoriale e su Futuranetwork ho sottolineato la necessità di non usare l’abbandono dei consessi internazionali come strumento per ribadire la condanna della Russia: un punto che Mario Draghi ha affermato (parlando del G20) nel suo viaggio a Washington, in contrapposizione alla linea di Joe Biden. Non possiamo tagliare tutti i ponti che ci legano a quella parte del mondo che non ha condiviso le sanzioni dell’Occidente nei confronti di Mosca. Di questo tema discuteremo anche nel prossimo ASviS Live che si terrà il 23 maggio al Salone del libro di Torino e on line.

Rispetto per i valori culturali, dialogo, apertura al resto del mondo, ma anche impegno a tenere la barra dritta sui percorsi di sostenibilità, senza che il conflitto possa essere un alibi per rinunciare agli Obiettivi dell’Agenda 2030: questi mi sembrano punti importanti che dobbiamo ribadire. Le minacce della crisi climatica non ammettono ritardi perché “abbiamo altro da fare”, ma per fortuna su questo punto possiamo registrare un significativo consenso. Come ha riportato l’Ansa:

"La ‘risposta alla crisi ucraina’ va di pari passo con una attuazione audace del Green Deal e serve un ‘Patto Verde di Emergenza’ per ridurre la dipendenza dell'Europa dalle fonti fossili ‘che finanziano la guerra’.

È la proposta di undici ex commissari e presidenti della Commissione europea, tra cui Romano Prodi. In una lettera indirizzata alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e al vicepresidente Frans Timmermans il gruppo chiede una ‘mobilitazione’ economica da ‘tempo di guerra’ che aumenti l'ambizione dei target clima".

Anche il World economic forum, nel rapporto “Fostering effective energy transition” diffuso l’11 maggio, ribadisce che

"Il ritmo della transizione energetica deve essere accelerato, come dimostrato dalla recente impennata dei prezzi dei combustibili, dalle sfide relative alla sicurezza
energetica e dai progressi troppo lenti nella lotta alla crisi climatica".

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La foto di copertina rappresenta le teste originali di Notre Dame, Museo di Cluny - Copyright Garlands in Paris, Marina Gross-Hoy, 2015

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