In Montenegro è in pieno
svolgimento il secondo tempo della campagna per le presidenziali
in vista del ballottaggio del 2 aprile prossimo che vedrà la
sfida tra il presidente uscente Milo Djukanovic e il giovane
economista Jakov Milatovic. Uno scontro che è anche
generazionale tra il 61enne capo dello stato in carica, veterano
della politica montenegrina ai cui vertici è da un trentennio,
sia come presidente sia come capo del governo, e il 37enne
esponente di un nuovo corso che intende svecchiare e rinnovare
la politica e la vita sociale nel piccolo Paese balcanico. Al
primo turno del 19 marzo scorso Djukanovic, leader del Partito
democratico dei socialisti (Dps), ha ottenuto il 35,37% dei
voti, mentre a Milatovic, candidato del Movimento Europa ora
(Pes), è andato il 28,92%. Entrambi si dicono certi della
vittoria domenica, con il giovane sfidante fiducioso in un forte
recupero potendo contare sull'appoggio annunciato da tutti gli
altri 5 candidati in lizza al primo turno. Per Milatovic la
parola d'ordine è 'mandare in pensione Djukanovic', ritenuto
responsabile di una lunga stagnazione politica, economica e
sociale in Montenegro, e del fiorire di corruzione e
criminalità. Nei suoi appelli agli elettori, Milatovic invita a
fare il 2 aprile la scelta giusta fra coloro che hanno spinto il
Paese nella stagnazione e nella sfiducia e quelli che
garantiscono un futuro migliore e una prospettiva di reale
crescita e progresso. Djukanovic dal canto suo punta sui
risultati ottenuti dal Montenegro durante la sua lunga
leadership, con l'adesione alla Nato (nel 2017) e con il
negoziato che ha portato il Paese vicino all'adesione alla Ue.
Un obiettivo quest'ultimo tuttavia che negli ultimi due-tre anni
sembra essersi allontanato a causa della forte instabilità
politica che ha investito il Paese dopo le ultime elezioni
parlamentari dell'agosto 2020.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA