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Bolt vuol diventare immortale, già pronto oro a 200

Mondo celebra giamaicano per tris sui 100: voglio stupire ancora

Alessandro Castellani

Un Lampo su Rio. Usain Bolt accende la folla carioca per il resto tiepida con l'atletica, ma quando c'è lui le cose cambiano e il pubblico impazzisce nemmeno fosse Neymar. "Bolt uno di noi" c'era scritto su un paio di striscioni esposti all'Engenhao, e da queste parti vuol dire molto se non è riferito a un calciatore o una star della musica. La vittoria sui 100 proietta Bolt nel Pantheon dello sport, ma non c'è tempo per festeggiare. Usain ha centrato la tripletta olimpica nei 100, già impresa da record, ma non gli basta: ora ci sono i 200 metri, poi la staffetta.

Quindi la caccia alla tripla-tripletta, un primato che non ha eguali nella storia dello sport, è ufficialmente aperta. Nei 100 di Rio l'icona della Giamaica ha vinto secondo un copione già visto tante volte: avvio con qualche difficoltà rispetto agli avversari, recupero e aggancio nella fase centrale e poi il solito 'lanciato' finale irresistibile, che gli ha permesso di battere il fischiatissimo Gatlin e mandare in estasi la torcida. Per celebrare il proprio trionfo in 42 passi Bolt si è poi concesso largamente a pubblico e media, fino a cantare 'One love' di Bob Marley da microfoni di Rete Globo.

E anche ieri, in occasione della batterie dei 200 in cui ha vinto 'passeggiando' la gente è stata tutta per lui, quasi fosse un'apparizione mistica che promette di ripagare la folla con un altro grande spettacolo nella notte tra giovedì e venerdì nella gara, i 200, che sente come quella più sua e che ha imparato a correre 'studiando' Pietro Mennea. Intanto in Brasile lo hanno già ribattezzato "l'uomo che può perdere solo da se stesso". Scherzando, lo chiamano anche 'il politico dei sogni' visto che promette (le vittorie) e poi mantiene. Magari fosse così anche dalle parti di Brasilia, aggiungono i suoi ammiratori. A Bolt tutto ciò fa piacere, ha più volte espresso amore per il Brasile e il suo popolo che "mi fornisce un'energia speciale". Basta solo non chiederli di fare già bilanci.

"Il mio ricordo preferito fra tutte queste vittorie olimpiche? - ha detto -, ora non me la sento di sceglierne uno: per me alla fine conta solo vincere. Già prima di Rio ero una leggenda, su questo non ho dubbi. La questione è che volevo migliorare ulteriormente, ci sono riuscito e sono orgoglioso di me stesso. Sono felice di aver dimostrato al mondo che il migliore sono sempre io. E' la mia ultima Olimpiade. Ora altre due medaglie e diventerò immortale". Per ora rimane il più grande velocista di tutti i tempi, che abbina perfettamente potenza e ampiezza e ha resuscitato l'atletica. Batte i rivali fin dal momento in cui, prima di scherzare col pubblico, si sistema con calma ai blocchi di partenza. Ed è il motivo per cui perfino i brasiliani vanno a vedere le gare di quella che, nel resto del mondo, è considerata la disciplina regina dei Giochi. Bolt è il ragazzo, trentenne fra pochi giorni, che a forza di pediluvi e pollo fritto è andato avanti fino a prendersi il mondo in un battito che dura nemmeno dieci secondi

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