Il target del taglio dei consumi fissato al 15%, le eccezioni previste e quelle possibili, e la titolarità della decisione sulla dichiarazione di "stato di allerta Ue". Sono i tre punti che dividono i governi e la Commissione europea (e i governi tra loro) sul Piano per la riduzione della domanda del gas, così come emersi dalle prime riunioni dei rappresentanti degli Stati.
Come spesso accaduto in questi mesi di decisioni straordinarie sul fronte energia a causa della guerra, l’opinione espressa dalla larghissima parte degli ambasciatori è che gli obiettivi generali, così come le necessità di solidarietà tra Paesi, non si discutono. Semmai è il come mettere in pratica il tutto a creare problemi. Se alle dichiarazioni di principio seguirà una reale volontà di cooperazione è cosa che si vedrà nei prossimi giorni, nei diversi incontri per preparare il Consiglio straordinario dei ministri dell’energia, chiamato martedì a prendere una decisione.
Su un primo punto le delegazioni sembrano convergere: non può essere la Commissione europea a decidere quando scatta lo stato di allerta Ue, quando cioè il target del 15% di riduzione dei consumi di gas in otto mesi passa da volontario a obbligatorio. Il Consiglio, è l'opinione diffusa, dovrebbe avere l’ultima parola. Persone presenti alle prime riunioni riferiscono che la Commissione non sembra fare particolare resistenza sulla questione.
Ma su altri temi la fase è ancora tutti contro tutti. C’è chi, come la Polonia e altri Stati dell’est, contesta tutto il Piano (ma non i suoi obiettivi). Anche il governo greco ha espresso, in via di principio, la sua contrarietà al pacchetto. L’Olanda è critica sul target obbligatorio. Insieme all’Aia, c’è un buon numero di delegazioni secondo cui ci si dovrebbe fermare a un impegno volontario, basato sul criterio del massimo sforzo.
Sembra scontato il tentativo di alcuni Paesi di limare il target al ribasso. Più difficile da far passare, conoscendo il modus operandi della Commissione von der Leyen, e il valore politico sempre molto alto che dà ai target inseriti nelle sue proposte.
L’Italia, che stando ai piani dell'Esecutivo Ue dovrebbe tagliare consumi per 8,3 miliardi di metri cubi di gas, ha puntato molte risorse sulla diversificazione delle forniture riducendo drasticamente la dipendenza dal gas russo. E oggi si trova davanti una proposta secondo cui va tagliata la domanda di gas tout court, cioè altri sacrifici. Da Roma (stoccaggi pieni al 69%) a Varsavia (stoccaggi al 98%), la percezione diffusa è quella di un Piano fatto su misura della Germania, che invece non è riuscita a diversificare, ha un livello di stoccaggi non altissimo (65%) e dovrebbe ridurre la sua domanda di oltre 10,3 miliardi di metri cubi.
La stessa idea se la sono fatta a Madrid e Lisbona, che si troverebbero a dover far fronte a una forte riduzione dei consumi pur con una dipendenza marginale dal gas naturale di Mosca. I ministri dei Paesi iberici sono intervenuti pubblicamente e con inusitata durezza. C’è anche della tattica. Secondo il governo portoghese il regolamento "non tiene conto della specificità della Penisola iberica", scarsamente connessa alla rete europea. Un articolo del provvedimento prevede invece un’eccezione al target del 15% proprio per i Paesi con connessione scarsa o nulla, con la riduzione obbligatoria abbassata al 5%. Ma nel novero ci sono abche Irlanda, Malta e Cipro, che alla rete europea non sono collegate e si domandano perché dovrebbero partecipare allo sforzo di riduzione, anche a percentuali minime. E' il terzo punto su cui i negoziati saranno più intensi. Ci sarà chi vorrà modificare l'articolo delle "eccezioni" e chi chiederà di aggiungerne altre, più vicine alle proprie esigenze.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA