La Croazia, che venerdì scorso ha
bloccato a Bruxelles l'apertura di nuovi capitoli negoziali per
l'adesione della Serbia all'Unione europea, ha spiegato che da
Belgrado si aspetta l'adempimento di tre criteri ai quali non
intende rinunciare in nessun caso. Il ministro degli Esteri,
Miro Kovac, ha spiegato che la Croazia vuole vedere tra i
criteri ufficiali, riconosciuti da Bruxelles, la rinuncia della
Serbia alla giurisdizione sui crimini di guerra su tutto il
territorio della ex Jugoslavia e una migliore rappresentanza
politica della minoranza croata di Vojvodina al Parlamento di
Belgrado. Per noi "è completamente inaccettabile che Belgrado si
assuma il diritto di un arbitro per tutti i crimini di guerra
commessi nei conflitti degli anni Novanta", inclusi quelli
perpetrati fuori dal territorio della Serbia, ha aggiunto. La
stampa ha ipotizzato che la ragione principale alla base di
questa condizione sia la volontà della Croazia di proteggere i
propri veterani di guerra da persecuzioni da parte della
magistratura serba, una volta che il Paese farà parte dell'Ue e
potrà chiedere l'estradizione di cittadini di altri Paesi in
base al mandato d'arresto europeo. Il veto della Croazia,
peraltro atteso dagli analisti dopo la svolta a destra del
governo lo scorso gennaio, è stato accolto con favore da una
buona parte dell'opinione pubblica. Gli esperti ricordano però
che la Croazia dovrà convincere gli altri 27 Paesi dell'Ue della
validità delle proprie richieste, ovvero giustificarle quale
parte del pacchetto europeo e non facendone una questione
bilaterale che tenta di risolvere a proprio vantaggio usando le
istituzioni europee. Inoltre, la delicata posizione della Serbia
che continua a mantenere buoni rapporti con la Russia potrebbe
risultare in pressioni su Zagabria da parte della Germania che
non vuole rischiare di mettere a repentaglio la prospettiva
europea di Belgrado.
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