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Migranti: pressing partner Ue su centri detenzione

Migranti: pressing partner Ue su centri detenzione

Europa spaccata su agenzia guardie frontiera. Polonia dice no

BRUXELLES, 16 dicembre 2015, 19:36

Redazione ANSA

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Si fa più insistente la richiesta dei partner Ue a Italia e Grecia sull'apertura di centri di detenzione nell'ambito degli hotspot, dove trattenere migliaia di migranti illegali in attesa di rimpatrio. Roma e Atene da mesi fanno resistenza. Ma fonti diplomatiche Ue di varie delegazioni, da Est a Ovest, alla vigilia del vertice dei leader, ribadiscono il punto, oltre alla necessità di attivare tutti gli hotspot previsti in tempi rapidi, ponendo il tema come "essenziale per far funzionare rimpatri e ricollocamenti".

Negli ultimi giorni Bruxelles ha sollecitato l'Italia "in ritardo" a mantenere la parola data, aprendo due hotspot prima di fine anno e gli altri tre nei primi mesi del 2016. E il premier Matteo Renzi ora risponde annunciando l'attivazione di Trapani e Pozzallo. Ma mette in guardia: "Siamo pronti a intervenire tenendo fede ai nostri impegni. Chiederemo all'Europa se loro sono in grado di tenere fede ai loro".

A guidare il drappello dei più 'duri' sono Francia e Germania, con i ministri dell'Interno Bernard Cazeneuve e Thomas de Maiziere, che a inizio mese, in una lettera, hanno messo nero su bianco la richiesta sui centri detentivi, descrivendola in termini espliciti. Del gruppo fanno parte anche Olanda ed i Paesi di Visegrad. I premier Bohuslav Sobotka (Rep. Ceca), Beata Szydlo (Polonia), Viktor Orban (Ungheria) e Robert Fico (Slovacchia) ne parlano in una dichiarazione in cui lanciano la piattaforma 'Amici di Schengen', per la salvaguardia dell'area.

La cornice più generale del dibattito sugli hotspot è infatti la difesa delle frontiere esterne: la posta in gioco è Schengen, sotto scacco come mai prima, minacciata dai flussi migratori e dal terrorismo. "Faremo tutto il possibile per difenderla", avverte Jean Claude Juncker davanti al Parlamento Ue.

La proposta della Commissione sull'agenzia europea di guardacoste e guardie di frontiera corre in questa direzione.

Sarà al centro del dibattito al summit. Si punta a trasformarla in legge entro giugno. Ma il punto in cui prevede che le forze Ue possano essere inviate ai confini esterni più vulnerabili anche contro la volontà di uno Stato, non piace a molti. Il ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski vede il rischio di "una struttura non democratica che dipende da nessuno sa cosa". L'Ungheria non esce allo scoperto, ma preferirebbe non ci si impelagasse in dibattiti sulla sovranità nazionale che richiedono troppo tempo. La Svezia non sembra molto persuasa e anche la Grecia nicchia. Per l'Italia è troppo presto per parlare, molto dipenderà da come sarà revisionato il regolamento di Dublino, che Bruxelles ha promesso entro marzo. Dopo l'europeizzazione delle frontiere esterne, Roma vuole che anche la fase due, quella del filtro tra migranti illegali e profughi - i centri detentivi che molti Stati membri vorrebbero imporre a Italia e Grecia - sia condivisa dagli altri Paesi, ognuno prendendosene una parte.

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