L'Italia è il Paese europeo in
cui è più complicato aprire un negozio, e dove cominciano a
pesare anche le restrizioni alle attività. E' quanto emerge in
base a un indicatore ad hoc messo a punto dalla Commissione Ue,
che ha contestualmente presentato ai 28 linee guida non
vincolanti per rafforzare la competitività del settore del
commercio al dettaglio in Europa. Tra le misure consigliate,
tagliare le restrizioni sugli orari dei negozi, sull'apertura e
lo stabilimento di un'attività commerciale, e mantenere in vita
i piccoli commerci in centro città nonostante il proliferare dei
grandi shopping center in periferia.
L'Italia, con un indice di quasi 4.5 su 5, è maglia nera dei
28 per restrizioni nello stabilimento di un negozio. A pesare di
più, la questione delle dimensioni dell'attività commerciale, i
requisiti per i dati economici, poi le limitazioni dovuti alla
localizzazione e il numero di diverse entità da contattare per
poter avviare la pratica. A seguire, rallentano anche il numero
di permessi necessari e delle valutazioni d'impatto. Hanno
invece l'impatto minore la lunghezza delle procedure e la
pubblicazione delle decisioni. Altri paesi dove è complicato
aprire un negozio sono, a seguire, Lussemburgo, Cipro, Gran
Bretagna e Irlanda. Quelli invece in cui il processo è più
semplice sono Estonia (indice con 1.0 punti), poi Lettonia,
Slovacchia, Bulgaria, Repubblica ceca, Lituania e Polonia.
Sul fronte invece delle restrizioni alle attività di un
negozio, l'Italia è subito dopo metà classifica, alla 17esima
posizione con un indice leggermente superiore a 1. A impattare
sono principalmente le limitazioni su saldi e vendite
promozionali, e poi quelle relative ai canali di distribuzione.
Il Paese più restrittivo invece per la gestione di un negozio è
la Francia, con oltre 3 punti, tra tasse, orari, distribuzione e
saldi, seguita da Spagna, Romania, Austria, Portogallo e Belgio.
I Paesi più liberali sono invece Irlanda, Estonia, Ungheria,
Svezia, Croazia e Gran Bretagna.
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