Continua lo scontro in Europa sui
dazi Ue antidumping sui pannelli solari provenienti dalla Cina,
dove sia i 28 che l'industria sono divisi, con i produttori che
denunciano un abbassamento eccessivo del prezzo minimo di
importazione e le altre imprese della filiera che lo denunciano
come ugualmente troppo alto. In una riunione degli esperti dei
28 in materia di commercio, la proposta della Commissione Ue di
abbassare il prezzo minimo di importazione dei pannelli solari
(tra l'altro rivisto al rialzo prima del voto) è stata opposta
da 13 stati membri, uno solo la ha sostenuta mentre altri 14 si
sono astenuti.
Lo scorso febbraio Bruxelles aveva infatti deciso di
prolungare i dazi antidumping di altri 18 mesi, prima della loro
riduzione graduale. E' dal 2013, infatti, che Bruxelles ha
introdotto il sistema del prezzo minimo (Mip) per sostenere i
produttori europei di pannelli solari, ma è dal 2015 che le
altre imprese della filiera che li utilizzano hanno chiesto la
loro sospensione in quanto si sono trovate in crisi per la
fiammata dei prezzi e il crollo della diffusione del solare. E'
scontro quindi tra le due associazioni che rappresentano
rispettivamente da una parte i produttori, Eu-ProSun, e
dall'altra il settore del solare, SolarPower Europe. "I nuovi
prezzi antidumping sono sotto i costi internazionali di
manifatturazione, e sono di fatto essi stessi prezzi di
dumping", ha attaccato il presidente di EU Prosun Milan
Nitzschke, "questo rende la legislazione Ue antidumping una
farsa". Di avviso altrettanto negativo ma per ragioni
diametralmente opposte il presidente di SolarPower Europe
Christian Westermeier: "Il nuovo prezzo minimo d'importazione
fissa il prezzo dei pannelli solari a circa il 30% in più che il
prezzo di mercato attuale, è difficile capire come questo possa
preparare il phasing out delle misure l'anno prossimo", per
questo "non c'è sostegno" tra l'industria e neanche tra gli
stati membri.
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