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Datagate: Corte Ue, Usa non garantiscono privacy dati. Soro, ora risposta comune

Datagate: Corte Ue, Usa non garantiscono privacy dati. Soro, ora risposta comune

Si potrà vietare a Facebook di conservarli negli Stati Uniti

BRUXELLES, 07 ottobre 2015, 18:44

Redazione ANSA

ANSACheck

Datagate: Corte Ue, Usa non garantiscono privacy dati © ANSA/EPA

BRUXELLES - La Corte Ue ha dichiarato invalida la decisione della Commissione Ue secondo cui gli Stati Uniti garantiscono un adeguato livello di protezione dei dati personali. D'ora in poi a Facebook si potrà vietare di "conservare" negli Usa i dati degli iscritti. La causa era stata presentata da un cittadino austriaco dopo il Datagate.

 

La Corte Ue, nella sua lunga e complessa argomentazione, rileva che le esigenze della sicurezza nazionale Usa "prevalgono sul regime dell'approdo sicuro" a cui sono sottoposti i dati privati dei cittadini europei trasferiti negli Usa "cosicché le imprese americane sono tenute a disapplicare, senza limiti, le norme di tutela previste". Facebook raccoglie infatti su un server basato in Irlanda i dati degli utenti europei e da lì li trasferisce negli Usa. Di conseguenza "il regime americano dell'approdo sicuro rende così possibili ingerenze da parte delle autorità pubbliche americane nei diritti fondamentali delle persone".

 

Inoltre un sistema come quello Usa che "autorizza in maniera generalizzata la conservazione di tutti i dati personali di tutte le persone i cui dati sono trasferiti dall'Unione verso gli Stati Uniti senza che sia operata alcuna differenziazione, limitazione o eccezione in funzione dell'obiettivo perseguito e senza che siano fissati criteri oggettivi intesi a circoscrivere l'accesso delle autorità pubbliche ai dati e la loro successiva utilizzazione" non si può considerare "limitato allo stretto necessario" come prevede il diritto europeo sulla conservazione dei dati personali.

 

Per Lussemburgo, quindi, "una normativa che consenta alle autorità pubbliche di accedere in maniera generalizzata al contenuto di comunicazioni elettroniche deve essere considerata lesiva del contenuto essenziale del diritto fondamentale al rispetto della vita privata".

 

Per il il Garante per la privacy, Antonello Soro, "la Corte di Giustizia Ue rimette al centro dell'agenda degli Stati il tema dei diritti fondamentali". Ora "occorre una risposta coordinata a livello europeo anche da parte dei Garanti, e in queste ore si stanno valutando le modalità più efficaci per individuare linee-guida comuni". Secondo il Garante, con la sentenza di oggi la Corte di Giustizia Europea rimette al centro "la necessità i diritti fondamentali, primo fra tutti la protezione dei dati, vengano tutelati anche nei confronti di chi li usa al di fuori dei confini europei". "La Corte - prosegue - ha riaffermato con forza che non è ammissibile che il diritto fondamentale alla protezione dei dati, oggi sancito dalla Carta e dai Trattati UE, sia compromesso dall'esistenza di forme di sorveglianza e accesso del tutto indiscriminate da parte di autorità di Paesi terzi, che peraltro non rispettano l'ordinamento europeo sulla protezione dei dati".

 

"E' importante peraltro sottolineare - continua Soro - che questa sentenza, insieme ai recenti pronunciamenti della giurisprudenza europea, conferma come la Corte sempre più spesso intenda richiamare le istituzioni europee e gli Stati membri ad un rispetto reale e concreto dei principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Ue. La Corte ricorda a tutte le parti in causa che il panorama dei diritti è mutato con l'ingresso della Carta quale parte integrante dei Trattati fondamentali dell'UE, e che tutti gli strumenti e gli atti comunitari, passati e presenti, devono essere guardati con occhi nuovi, attraverso la lente della Carta". "E' la stessa ottica, del resto - sostiene ancora il Garante -, in cui si muove il "pacchetto protezione dati" con il futuro Regolamento generale e la direttiva "polizia e giustizia": entrambi rafforzano, fra le altre cose, i diritti degli interessati in Ue e i poteri delle autorità nazionali di protezione dati".  

 

La Commissione, poi, stabilendo con la sua decisione del 2000 che gli Usa garantivano un adeguato livello di tutela della privacy, ha privato le autorità nazionali di controllo dei loro poteri. Di conseguenza, spetta ora all'autorità irlandese di controllo "esaminare la denuncia" del cittadino austriaco Maximilien Schrems che si è rivolto a quest'ultima "con tutta la diligenza necessaria e che a essa spetta, al termine della sua indagine, decidere se, in forza della direttiva, occorre sospendere il trasferimento dei dati degli iscritti europei a Facebook verso gli Stati Uniti perché tale paese non offre un livello di protezione dei dati personali adeguato". Ne consegue, spiegano a Lussemburgo, che "a Facebook si potrà vietare di conservare negli Usa i dati personali degli iscritti".

 

 

 IL VIDEO DELLA SENTENZA 

 

 

Proteggere i dati personali permettendo la continuazione dei loro flussi verso gli Usa con un coordinamento delle autorità garanti nazionali, in attesa di continuare i negoziati con gli Usa già avviati sulla revisione dell'accordo con l'approccio finora seguito. Questa la posizione della Commissione Ue dopo la sentenza della Corte Ue

 

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