Se circa il 52% delle Pmi italiane
manifesta l'intenzione di investire nei prossimi tre anni in
intelligenza artificiale, solo il 6,3% pensa che ciò comporterà
una riduzione del personale. Lo rileva un'indagine promossa da
Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in collaborazione con
Confapi, presentata oggi al Festival del Lavoro in corso a
Firenze. Per la maggioranza delle quasi 500 Pmi intervistate, il
48,3%, i livelli occupazionali resteranno invariati, mentre il
45,5% prevede che ci sarà un incremento.
Tra le azioni che si renderanno necessarie per favorire lo
sviluppo dei sistemi di Ia, secondo la ricerca, c'è innanzitutto
la formazione in ambito digitale (lo sostiene il 35,7% degli
intervistati), mentre il 23,4% prevede l'assunzione di figure
specialistiche in ambito It e nuove tecnologie, mentre il 18,2%
reputa che saranno necessari interventi di reskilling e/o
ricollocazione dei lavoratori o l'avvio di consulenze
specialistiche con esperti per pianificare e gestire le
innovazioni previste. Solo il 5,2% pensa che si renderà
necessaria la sostituzione di figure obsolete.
Circa l'11% delle Pmi ha già sviluppato sistemi di Ia, e sono
quasi un terzo (29,7%) le imprese attualmente impegnate in
iniziative di diverso tipo. Tra le applicazioni più diffuse vi
sono quelle che consentono una più rapida ed efficace analisi
dei dati (29,7%), e a seguire, sistemi per l'automazione dei
processi (17,4%) o di assistenza alla clientela tramite chatbot
o applicazioni simili (15,5%).
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