A meno di un mese dalle europee di giugno in Polonia, va delineandosi un serrato testa a testa tra la Coalizione Civica (Ko) del premier Donald Tusk e Diritto e Giustizia (PiS), guidati da Mateusz Morawiecki, ex primo ministro e delfino di Jarosław Kaczyński. Gli eterni rivali sono appaiati intorno al 30%, entrambi in lieve calo rispetto alle legislative dello scorso ottobre che hanno messo fine a otto anni di governo sovranista targato PiS. A spuntarla allora è stata la coalizione filo-europeista guidata da Tusk e formata, oltre che dai centristi di Ko, dal partito Nuova Sinistra e dall’alleanza della Terza Via, che a sua volta comprende il Partito Popolare Polacco (Psl), di orientamento agrario, e il raggruppamento liberal-centrista Polonia 2050. Pur in forte calo, i sovranisti del PiS erano riusciti comunque a tenere le posizioni, risultando il partito più votato nel Paese.
Le amministrative di aprile, primo test elettorale per il governo Tusk in vista delle europee, hanno in sostanza cristallizzato questo risultato, in controtendenza con le aspettative della vigilia che davano la Ko in vantaggio sul PiS. Dopo la battuta d’arresto, il premier è ora alla ricerca di una vittoria piena che andrebbe di riflesso a rafforzare Ursula von der Leyen, spitzenkandidat del Partito popolare europeo (Ppe), famiglia cui appartiene anche la Ko, nella sua candidatura a un secondo mandato alla guida della Commissione europea.
La posta in gioco per Tusk è tutta racchiusa in queste tre domande: “Occidente o Oriente? Europa o Russia? Coalizione civica o Diritto e Giustizia? Queste sono le scelte che la Polonia deve affrontare oggi”. L’obiettivo, per l’ex presidente del Consiglio europeo, è mantenere la Polonia sulla traiettoria dell’Ue dopo il lungo braccio di ferro con Bruxelles ingaggiato dal PiS, reo di aver eroso lo Stato di diritto nel Paese. L’altro obiettivo è quello di proseguire il sostegno coriaceo all’Ucraina nella sua resistenza all’invasione della Russia finché non sarà necessario. A farsene garante lo stesso Tusk che accusa gli avversari sovranisti di flirtare con Mosca e con le sue propaggini filo-russe al Parlamento europeo, i partiti, tra cui la Lega, racchiusi nella famiglia europea di Identità e Democrazia (Id).
Accuse respinte al mittente da Morawiecki che però non ha fatto segreto del suo obiettivo, condiviso tra gli altri dal premier ungherese, Viktor Orban, di federare le destre dei Conservatori e riformisti europei (Ecr), famiglia politica in cui militano il PiS e Fratelli d’Italia (Fdi), e di Id, ad eccezione del partito tedesco dell’ultradestra Alternative für Deutschland (Afd). Morawiecki ha gioco facile a ricordare quanto fatto dal suo governo in Ue per rispondere all’invasione dell’Ucraina, ma non è esente da contraddizioni, come quella emersa dallo scandalo del giudice polacco, Tomasz Szmydt, considerato vicino al PiS, che ha chiesto asilo politico in Bielorussia perché vittima, a suo dire, di un caso montato di spionaggio. E polemica hanno suscitato anche i manifesti, affissi a Budapest, che ritraggono Morawiecki mentre tuona contro Bruxelles tacciata di essere una “minaccia per la democrazia europea”. Per il PiS raggranellare il maggior numero di voti possibile è imperativo per ridurre il divario con FdI che prevedibilmente sorpasserà gli alleati polacchi come azionisti di maggioranza dell’Ecr.
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