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I cambiamenti climatici frenano la diffusione della malaria in Africa

I cambiamenti climatici frenano la diffusione della malaria in Africa

Le zone a rischio si ridurranno già dal 2025

13 maggio 2024, 19:12

di Benedetta Bianco

ANSACheck

Una zanzara Anopheles stephensi, tra i principali vettori di malaria in Asia (fonte: Jim Gathany / CDC) - RIPRODUZIONE RISERVATA

I cambiamenti climatici stanno mettendo un freno alla diffusione della malaria in Africa: le aree a rischio per la trasmissione di questa malattia cominceranno a ridursi già a partire dal 2025 e il processo continuerà fino al 2100 circa, interessando in particolare una fascia che va dal Senegal a Ovest fino al Sudan a Est.

Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Science e guidato dall’Università britannica di Leeds, che ha combinato insieme diversi modelli riguardanti l’evoluzione del clima e il comportamento delle acque per prevedere in maniera più precisa la diffusione della malaria su scala continentale.

I risultati offrono una visione più completa e che potrà essere molto utile nell’indirizzare gli sforzi di controllo della malattia. Dal momento che viene trasmessa dalle zanzare, la malaria è una delle malattie più sensibili alle variazioni climatiche. Ad esempio, i cambiamenti nelle precipitazioni possono espandere o restringere le zone popolate da questi insetti e influire sulla disponibilità di acqua stagnante di cui hanno bisogno per riprodursi. La maggior parte dei tentativi fatti finora per prevedere l’impatto della crisi climatica sulla malaria ha ignorato fattori importanti, come i contributi dei fiumi e l’evaporazione, perciò i ricercatori guidati da Mark Smith hanno cercato di colmare queste lacune, prestando anche particolare attenzione alle aree densamente popolate che si trovano vicino a reti fluviali, come quella del Nilo.

I dati così ottenuti indicano che i cambiamenti che interesseranno l’Africa saranno più diffusi e marcati di quanto ritenuto finora, e ciò farà ridurre le aree più a rischio per la malaria. “Man mano che diventeranno disponibili nuove fonti di dati – affermano gli autori dello studio – la loro incorporazione nei modelli di previsione permetterà di studiare meglio la trasmissione della malattia e di informare le strategie nazionali per il suo controllo”.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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