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Debito: ma fino a che punto è sostenibile?

Nella nuova puntata del videopodcast di UBS Asset Management, Finance Explained, gli esperti si confrontano sul tema del debito pubblico mondiale e quello comune europeo

Dopo la pandemia, si è parlato molto di debito pubblico mondiale e debito comune europeo. Ma cosa si intende e che implicazioni può avere sulla crescita di un paese? A spiegare le dinamiche di entrambi i fattori ci hanno pensato Teresa Gioffreda, Investment Strategist di UBS Asset Management, e il professore Carlo Altomonte dell’Università Bocconi nella nuova puntata della seconda stagione del videopodcast Finance Explained, iniziativa di educazione finanziaria creata dalla casa di gestione.

 

Partendo dalla definizione di debito pubblico mondiale, inteso come la somma del rapporto tra il debito e il PIL di un Paese, i due esperti hanno spiegato come valutare il livello di sostenibilità del debito di un paese e che cosa è cambiato in Europa con la decisione dei governi di emettere un debito comune.

 

“In generale – spiega Altomonte – secondo gli economisti, se il rapporto debito-PIL supera il 100%, inizia ad esserci una soglia di attenzione, in quanto un Paese per ripagare il proprio debito è costretto a investire di meno, cresce dunque di meno e produce meno ricchezza, rendendo in definitiva il debito meno sostenibile. Oggi molti Paesi si stanno avvicinando a valori del rapporto debito-PIL storicamente elevati”.

 

Per Gioffreda è bene fare però una differenza tra i Paesi sviluppati e quelli emergenti perché mentre i primi hanno raggiunto un livello di indebitamento oltre il 110% del PIL i Paesi in via di sviluppo, esclusa la Cina, presentano un livello di indebitamento inferiore del 70%. Analogamente negli USA dove il livello di indebitamento fino a qualche anno fa era sempre stato sotto il livello 100, da qualche anno ha varcato tale soglia raggiungendo in pochi anni il 130%.

 

Le ragioni di questo ulteriore indebitamento sono molteplici, ma una di queste è riconducibile a cause demografiche, in quanto, essendo i Paesi sviluppati contraddistinti da una popolazione più anziana, hanno dovuto, soprattutto nella fase pandemica, sostenere maggiori cautele e spese per proteggere le categorie più deboli, adottando anche lockdown molto duri che hanno ridotto le opportunità di consumo e reso necessarie maggiori spese per sostenere l’economia durante la pandemia.

 

Gli esperti intervenuti nella puntata spiegano proprio come per far fronte al Covid, i governi europei hanno deciso di comune accordo di emettere il cosiddetto «debito comune europeo», pari a 750 miliardi di euro, meglio noto come piano NextGenerationEU e in Italia come PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

 

Il debito così creato è stato venduto sui mercati primari a tassi molto bassi, tendenzialmente compresi tra quelli francesi e tedeschi, consentendo di finanziare in diversi paesi un’ambiziosa agenda di riforme e investimenti. L’emissione di tale debito continuerà fino al 2026, mentre la scadenza media per ripagarlo è di trent’anni.

 

Anche se come ammettono i due esperti le sfide per l’Europa all’orizzonte sono molte oltre a quella del debito comune al termine della scadenza, la transizione energetica e climatica, le infrastrutture fino alla digitalizzazione.

 

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A cura di ADVISOR