C'è chi scava nel terreno per seppellire la paura in superficie. Migliaia di chilometri quadrati di tane sparse anche in Italia, al riparo dal terrore dell'atomica, dalle guerre e dalle epidemie. Il senso comune la chiama paranoia. Molti psicologi la definiscono una tendenza estrema dell'istinto di sopravvivenza. Di sicuro è qualcosa che è da sempre nel dna umano, ieri come oggi. Prima, a costruirsi i bunker erano i dittatori, i capi di Stato ed i criminali. Poi i personaggi dei fumetti, da Batman a Diabolik o Zio Paperone. Con una costante: la grossa disponibilità di denaro. Oggi in Italia, invece, sono anche piccoli imprenditori e persone della media borghesia - soprattutto del Centro Nord del Paese - che rinunciano all'auto nuova per quella scatola di cemento blindata, al riparo del resto del mondo.
Una cellula il più inattaccabile possibile: dalla 'porta beton' con uno spessore di 30 centimetri di cemento (quelle per i rifugi militari arrivano ad un metro), agli impianti di ventilazione schermati contro le detonazioni nucleari, le cisterne d'acqua da mille litri ognuna, sistemi radio per contatti con l'esterno, i letti con materiali ignifughi o le vernici senza sostanze organiche volatili. Un modello 'svizzero' che sta facendo scuola: nello Stato elvetico è obbligatorio disporre della possibilità di un rifugio in caso di emergenze. Chi ha una villa ha anche un bunker, mentre chi non l'ha costruito può usufruire di quelli collettivi, messi a disposizione dallo Stato sotto pagamento. In Italia, costruirsi un rifugio antiatomico non è previsto dai piani regolatori. Perciò queste strutture, nonostante abbiano pronte blindate e quei parametri previsti dalla sigla 'Nbc' (Nucleare, Battereologico, Chimico) vengono dichiarate come cantine. Ma al posto del vino invecchiato ci sono maschere antigas.