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Morandi, vado a Sanremo con l'entusiasmo di un debuttante

Al via ripresa dei concerti al Duse di Bologna

di Claudia Fascia ROMA

Il festival di Sanremo Gianni Morandi lo ha vissuto da artista in gara, solo e in gruppo, da ospite, da conduttore. Lo ha vinto. Lo ha amato e continua ad amarlo profondamente. Tanto da tornarci ancora una volta. "In gara, ovviamente. Perché è più divertente, più stimolante. Lo vivi di più. E' un palco straordinario, che mi fa tornare bambino. A quando nel '58 vidi per la prima volta Modugno con Volare. In 64 anni non ho mai smesso di guardarlo: sono un esperto", racconta collegato dal teatro Duse di Bologna, dove si sta preparando per riprendere da stasera un discorso (musicale) che si era interrotto quasi due anni fa a causa della pandemia: sei date in programma fino al 17 febbraio. "E poi chissà, vedremo quale è la risposta del pubblico". Due anni di stop che hanno significato tanto anche per Morandi a livello personale.

"La pandemia ci ha fatto riflettere molto, a me poi, a marzo scorso, è capitato anche l'incidente che mi ha costretto 27 giorni in ospedale e di cui porto ancora i segni. Meno male che me la sono cavata, ma un po' mi ha cambiato. Forse proprio da lì è ripartito tutto. Non so se senza incidente oggi sarei a Sanremo", ammette mostrando la mano destra ancora protetta dal tutore (quel tutore birichino che gli stava per costare la squalifica, dopo la pubblicazione sui social per errore e difficoltà nei movimenti di alcuni secondi del brano). Già, perché complici la voglia di non mollare mai e una telefonata di Jovanotti per sapere delle condizioni del collega, hanno portato prima al singolo estivo L'Allegria ("quasi una terapia per me") e poi ad una collaborazione che è andata avanti e che ha condotto ad un nuovo brano scritto sempre da Lorenzo Cherubini (intervenuto in videochiamata durante l'incontro) e all'idea di portarlo al festival. "Una sorta di scossa, di emozione, la voglia di ributtarsi nella mischia. 'Apri tutte le porte' è una canzone di speranza che risente della situazione attuale ma con una bella carica. Non è che io possa mandare chissà che messaggi, però spero che piaccia e di divertire", aggiunge Morandi non nascondendo un certo timore reverenziale nei confronti dell'Ariston. "Vivo Sanremo con l'entusiasmo di un debuttante, e anche con le stesse paure: la tremarella e le mani che sudano possono venire anche a uno con la mia esperienza. Già ora mi sento agitato, anche perché la canzone con tutte la parole 'incastrate' come fa Lorenzo che è un rapper non è facile da cantare. Conto su mia moglie che mi darà uno spintone nel dietro le quinte", scherza spiegando anche che ad accomunarlo a Jovanotti sono "lo sport (lui la bici, io la corsa), la voglia di sperimentare sempre cose nuove, e la positività".

Il brano è prodotto dal musicista tedesco di origine turca Mousse T, che sarà al fianco di Morandi anche all'Ariston, come direttore d'orchestra, e che ha dato ad Apri tutte le porte un retrogusto soul, stile Motown. "Quando ho saputo che non stava bene - racconta Jova, in videochiamata e ancora con la coda lunga del covid da smaltire - l'ho chiamato. In queste situazioni sapere che qualcuno ti sta pensando fa bene. Non era il Gianni che avrei voluto ascoltare, era un po' abbattuto e per questo gli ho mandato L'Allegria. Quando mi ha parlato di Sanremo sono stato contento: avevo una bozza e mi sono messo al lavoro. Mi piace lavorare su commissione. Come con Gabriele Muccino". In gara, l'eterno ragazzo troverà l'eterno rivale Massimo Ranieri. "L'Italia da sempre è fatta di dualismi... Coppi e Bartali, Del Piero-Baggio. Anche io e Massimo eravamo così, ma alla fine siamo diventati amici. Al Bano ha detto di essere invidioso di non esserci? Eh, prima o poi faremo quel tour a tre di cui parliamo da tanto: il bolognese, il napoletano e il pugliese". Intanto a Sanremo tornano le vecchie glorie, ma anche i giovanissimi. "Il festival è cambiato. Oggi tutti si rendono conto che è un palco straordinario. Mi ricordo quando da conduttore quasi mi inginocchiai davanti a Roberto Vecchioni per convincerlo a venire. Ho costretto persino Lucio Dalla con Pier Davide Carone, e Franco Battiato. Prima si pensava che se il festival andava male era un dramma, al giorno d'oggi anche arrivare ultimi è solo un episodio che non ti cambia la carriera".
   

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