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Rancore, creo labirinti di parole e musica

"Rap è per tutti, troppo spesso strumentalizzato dalla politica"

dell'inviata Claudia Fascia SANREMO

 Un turbine di parole, di metafore, di labirinti. Di pensieri che vanno più veloci della luce.
    Rancore ti travolge con la sua parlantina in extrabit. E' al suo secondo festival consecutivo (l'anno scorso stupì tutti insieme a Daniele Silvestri con Argentovivo che valse loro il Premio della Critica) ma non sembra patire ansie da prestazione.
    Tutt'altro. Al festival arriva con Eden, un brano che è un caleidoscopio di immagini e di rimandi. Dentro c'è la mela dell'Eden che è anche la Grande Mela newyorchese, morsa dagli attentati del 2001 ("che hanno cambiato la vita di tutti noi") e quella di Isaac Newton. "Sono anni che creo labirinti, mi piace creare universi paralleli, pieni di dettagli. Serve a mantenere viva l'attenzione dell'ascolto, ad accendere i ricettori e a scoprire ogni volta cose nuove". Rap ermetico, lo chiama qualcuno, lui preferisce la definizione di "musica emotiva", dove le metafore "collegano mondi lontani tra loro". "E per questo scelgo sempre una messa in scena totale (come è anche in questo festival, molto teatrale), per aiutare a comprendere la complessità delle cose che dico".
    Madre egiziana, padre romano, Rancore, all'anagrafe Tarek Iurcich, a differenza di altri suoi colleghi parla di ciò che lo circonda "ma il mio non è mai rap politico, prende spunto dalla realtà, anche se la politica è realtà, ma mi piace pensare che la musica possa trovare una terza via di comunicazione". Rap spesso è sinonimo di polemiche. E questo Sanremo non ha fatto eccezione, con il caso Junior Cally. "Certe discussioni invece di far fare un passo in avanti, ne fanno fare uno indietro - sottolinea Rancore -. Il rap, che non va chiuso in un recinto perché è per tutti nessuno escluso, viene strumentalizzato dalla politica". E il pensiero corre subito a Matteo Salvini. "Fa bombardamento psicologico". Rancore arriva dal Tufello, borgata nordest della capitale. Una di quelle dove il leader della Lega sarebbe potuto arrivare a suonare il citofono. "Se Salvini fosse venuto a citofonare nel mio quartiere, probabilmente da piccolo avrei chiuso gli occhi e avrei guardato da un'altra parte. Non per fregarmene, ma per non dare ulteriore energia a certe entità negative che di questo si alimentano. Cerco di non regalare il mio rancore a chi non voglio. L'Italia ha perso il suo Eden, certi valori che sembravano acquisiti non lo sono più. E la politica non mi rappresenta".
    La sua rabbia e il suo pensiero invece vuole che arrivano oltre. per questo ha scelto il palco dell'Ariston. "Sono a Sanremo per parlare a tutti, anche se stare sul palco è sempre un'eterna sfida con l'altro me stesso. Quello che alla fine della canzone uccido. In fondo sono la persona che temo di più al mondo".
    Il nome d'arte lo ha scelto 15 anni fa. Mai pensato di abbandonarlo? "Se succederà, dovrà significare che ho qualcosa da dire. I nomi raccontano qualcosa. Il mio, forse, più di altri. Un nome arabo e un cognome slavo, ti deve far domandare: 'che viaggio mi deve far fare?'. In ogni caso all'Ariston porto Rancore per sconfiggere quello che c'è in Italia". 
   

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